lunedì 31 maggio 2021

Coltivare l'ironia XVIII Paragrafo Michel De Montaigne,





Michel De Montaigne, Assaggi, a cura di Fiesta Formaggini, Adelchi 2020 - Quando i filosofi vanno al ristorante, per i camerieri è sempre una tragedia, perché cosa mettereste voi nel piatto a uno che vi ordina soltanto “il Primo”, “il Secondo” o “il Contorno”? 

Per rispondere a questa imbarazzante domanda, Montaigne ci ricorda che i filosofi hanno la bizzarra abitudine di mangiare “gli Universali”, cibo notoriamente ipoproteico, ragion per cui tendono poi a disprezzare le portate nella loro singola e irrepetibile cottura, e poco importa che si tratti di pasta alla puttanesca, risotto ai funghi, pollo arrosto o baccalà alla vicentina. 
Da qui la proposta di Montaigne, per cui non dobbiamo cucinare come fanno i dogmatici, che impongono la ricetta senza mai aver assaggiato gli ingredienti, ma come fanno gli scettici, che prima assaggiano senza pregiudizi tutti gli ingredienti e poi concludono comunque che il tofu è inaccettabile. 
“Negli antipasti c’è un frammento di verità”, scrive il Bordolese, “e non capisco perché dovrei ignorare queste olive all’ascolana”. Sembra una considerazione banale, la quale ci permette tuttavia di giudicare con occhi più tolleranti quelli che mangiano diversamente da noi. Certo, bisogna essere abbastanza imbecilli per buttare la pasta nell’acqua fredda, ma da qui a dire che sono “bestie” da torturare fino all’aldilà ce ne passa un bel po’. 
Infatti, con sguardo profetico per un uomo del Cinquecento, Montaigne dedica ben due capitoli dei suoi “Assaggi” a dimostrare che i Cannibali Tupinamba cucinano meglio degli olandesi e dei crucchi nostrani. In primo luogo perché non soffriggono tutto nel burro, in secondo perché non mettono l’aceto anche nello yogurt: “inoltre, avevano una ricetta buonissima, il ʻchitemmuorto in salamoiaʼ, da preparare rigorosamente con carne di suocera aromatizzata, che accompagnata da un chiaretto francese ci sta che è ‘nu ‘babbà”. 
Ed è così che Montaigne ci saluta e brinda alla nostra salute, confidandoci come un amico una sua piccola debolezza: “Se la mia anima potesse non friggersi, io non mi assaggerei, e invece la maionese ci sta bene assai”.

domenica 30 maggio 2021

Coltivare L' Ironia XVII Paragrafo ancora Heidegger



https://www.facebook.com/108262574149965/photos/a.126574105652145/263890808587140/




Martin Heidegger, La questione della tattica, Mimemos 2021 - Inesausto ammiratore di Franz Beckenbauer, il Kaiser delle retroguardie germaniche, Heidegger scrisse questo saggio calcistico dopo aver assistito alla finale di Coppa Campioni tra il Bayern Monaco e gli esistenzialisti inautentici del Saint-Étienne. Una sorta di testamento spirituale, in cui il filosofo affronta le contraddizioni ontologiche della regola del fuorigioco. Come può un attaccante proiettarsi oltre la linea dell’ultimo uomo? In che senso la gettatezza è ineludibile condizione degli scarponi? Qual è la differenza tra mondo, territorio e zona? E perché l’arbitro è un cornuto? 

In alcune pagine controverse e profetiche, Heidegger ipotizza che la lobby giudaica delle terne arbitrali stesse cospirando per sostituire i guardalinee umani – succubi della contingente fallibilità del vedere – con un’intelligenza artificiale chiamata WAR, il cui scopo ultimo sarebbe stato quello di sovvertire il gioco più bello del mondo in un’angosciante rottura di Übermaroni. 
Per la precisione e la chiarezza linguistica di quei paragrafi, l’intero saggio verrà poi erroneamente interpretato come una critica antimoderna alla tecnica. In realtà, Heidegger voleva soltanto mostrare che il 4-3-3 era il fondamento tattico di ogni squadra destinata alla vittoria. Per questo egli avvertiva contro i rischi sartriani della difesa a tre o contro la gaiezza del doppio fantasista. Non bisogna illudersi: perdere è questione di un istante. O come avrebbe mirabilmente riassunto il suo erede Hans-Georg Trapattoner, «non dire katto, se non ci è nel sacco».

venerdì 28 maggio 2021

Coltivare l'ironia XVI Paragrafo con Tito Lucrezio Caro



https://www.facebook.com/109641897386775/photos/a.120578656293099/268208721530091


Nonne vides etiam guttas in saxa cadentis

umoris longo in spatio pertundere saxa?”

Trad. “Non vedi come anche le gocce d’acqua che cadono a lungo sulle rocce riescono infine a forarle?”

Citazione tratta da Tito Lucrezio Caro, da utilizzare necessariamente nella forma latina, così da disorientare il parente che ci sta rompendo le palle a tavola con domande scomode. Potremmo definirlo un modo molto educato per mandare qualcuno a quel paese.

Studia la storia e la filosofia, zittisci parenti e amici con citazioni dotte!

Coltivare l'Ironia XV Paragrafo TOLKIEN







J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Aneddoti, Mompiani, 2008. Con grande timore, la società di studi tolkieniani ha da poco rivelato la vicenda editoriale legata alla prima pubblicazione della trilogia, che fu inizialmente pensata dallo scrittore inglese come una quadrilogia. Pare che la dirigenza di Allen & Unwin avesse imposto a Tolkien la cesura del quarto, misterioso volume, che ora viene riesumato restituendo ai lettori l'intero senso originario della saga. Dopo "il Ritorno del Re", in cui Aragorn guadagnava nuovamente la corona di Gondor e l'anello veniva riportato a Mordor, Tolkien aveva redatto l'ultimo volume dal titolo "A pranzo da Nonno Frodo". In quest'ultimo libro, l'autore racconta della vita del piccolo hobbit, invero rimasta un tantino in sospeso in chiusura della trilogia. Frodo nel frattempo si era sposato, aveva avuto figli, era invecchiato e ora poteva godere della compagnia degli amati nipoti. Ogni domenica, i bambini si radunavano attorno alla poltrona dell'anziano signore, che si dilettava a raccontare loro le avventure vissute con Legolas, Aragorn, Gimli, Gandalf...Si capisce qui il senso di quella quadrilogia, inizialmente pensata col titolo de Il Signore degli Aneddoti. Il libro si chiude con la seconda ferita inferta a Nonno Frodo, che continuerà a bruciargli per tutti i giorni che gli rimarranno da vivere: quando, avvicinandosi ai nipoti ormai sedicenni e rivolgendosi loro con un "...vi ho mai raccontato di quella volta in cui, nelle miniere di Moria...", si sentì prontamente rispondere dai teenagers: «Nonno, hai rotto i coglioni»

mercoledì 26 maggio 2021

Coltivare l'Ironia XIV Paragrafo Immanuel Kant




Immanuel Kant, Risposta alla domanda: Che cos’è l’Illusionismo?, Laverza, 2020 - «L’Illusionismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare al suo cappello». Kant scrive questa frase nel 1784, quando il mondo europeo, travolto dalla cultura circense francese, si è convinto che il progresso non sia altro che un coniglio da tirare fuori dal cilindro. Per spiegare le cause di questa speranza, Kant racconta della sua prima volta al circo, quando vide un illusionista estrarre dal berretto una rosa, poi una colomba, infine peperonata calabrese. Tornato a casa, Kant si esercita per anni col suo berretto, e alla fine ci riesce: mette la mano nel buco: al primo giro, esce un fenomeno; al secondo, un noumeno; al terzo, un fritto misto. Per la Ragione, si trattava solo di trovare il cilindro giusto – il cilindro puro.

lunedì 24 maggio 2021

Coltivare l'Ironia XIII Paragrafo Dov’è finito il dentifricio





https://www.lestinto.ch/articoli/dove-finito-il-dentifricio/?fbclid=IwAR1mCfe4iE98QKIsAsz-lZ3frJJ3Ec-nBjKHUtHRTq5GIIBte-jKFGX7pfY


Mi stavo per lavare i denti e non trovavo il dentifricio.


Dopo aver cercato ovunque, mi sono accorto che era appoggiato sul lavello, ad approssimativamente meno di trenta centimetri dal mio naso (e cosa ancora più grave, dai miei occhi che per ventura si trovano proprio attaccati al naso).

Di fronte a una situazione del genere, credo che l’umanità si divida in quattro gruppi.

Il primo è quello degli scienziati che incuriositi cercano di comprendere il fenomeno, elaborano concetti come la cecità cognitiva, elaborano ipotesi, fanno esperimenti tipo chiedere alle persone di contare i passaggi di palla della squadra bianca.

Ci sono poi i fantasiosi, quelli che si creano una storia: il dentifricio non poteva trovarsi lì, l’avrei visto; mentre mi giravo a guardare nell’armadietto gli elfi invisibili l’hanno rimesso lì dopo averlo nascosto. O forse un micro buco nero ha distorto i raggi luminosi rendendo il vasetto invisibile.
Sospetto che le grandi saghe siano nate da situazioni simili. “Guarda che il sale è proprio lì davanti a te” e cinque minuti dopo sta già pensando a battaglie di orchi o imperi galattici.

Abbiamo poi le persone normali che fanno finta di niente e si lavano i denti.

Infine, ci sono i filosofi che ragionano sull’accaduto e si mettono dividere l’umanità sin gruppi.

domenica 23 maggio 2021

Coltivare l'ironia XII paragrafo Miguel de Cervantes




Miguel de Cervantes, Don Chisciotte e la Mancia, Montatori, 2001. Sancho Panza è nel bel mezzo dei suoi studi universitari, e per mantenersi lavora come cameriere in una locanda nel bel mezzo della pampa. Durante un servizio serale, sente urlare da uno dei tavoli della sala. Don Chisciotte, cliente abituale, sostiene a gran voce di aver appoggiato la mancia sulla tavola e di essersela vista portare via di sottecchi dal frigorifero dei dolci. Quando il giovane Sancho si avvicina al cliente per farlo ragionare, un poco ingenuamente domanda all'uomo se ci sia motivo di prendersela tanto. Quando si sentì rispondere «Ognuno ha le sue battaglie, giovinotto», si girò in direzione del frigorifero dei dolci, che sembrava guardarlo in cagnesco con un occhio-spia verde acceso e una leva-sopracciglio alzata in segno di disappunto. Fu un furto da 5 pesos ad innescare la catena di splendide vicende dei nostri due beniamini

sabato 22 maggio 2021

Coltivare l'ironia Paragrafo XI ..Soeren Kierkegaard



Kierkegaard, Il confetto dell'angoscia, Be 2016 - Nell'estate del 1841, Søren Kierkegaard trascorse un'intera settimana senza pensare all'irrimediabile corruzione della natura umana, alla spina nelle carni, alla possibilità dell'autoannientamento e cose così. Preoccupato per quell'insolita condizione di leggerezza e serenità, decise di rompere il fidanzamento con Regine Olsen, ma capì che questo non sarebbe bastato a garantirgli la sofferenza indeterminata, duratura e costante che cercava. Recuperò quindi le vaghe nozioni di chimica apprese al liceo e le usò per sintetizzare il suo famoso Anti-Valium, un ansiolitico al contrario in grado di indurre artificialmente stati di angoscia. Commercializzato a partire dal 1843, il "confetto dell'angoscia" ebbe subito uno straordinario successo tra i filosofi di tutta Europa. La critica è oggi pressoché unanime nel ritenere che senza di esso non ci sarebbe mai stato l'esistenzialismo.



venerdì 21 maggio 2021

Coltivare l'ironia Decimo Paragrafo La Scuola di Francoforte





T. Adorno-M. Horkheimer, Dietetica dell'illuminismo, Inaudi 2004 - Per via delle sue origini italiane dal lato materno, Adorno era una buona forchetta, e l'impatto con la cucina americana fu ovviamente uno shock. La stesura di questo libro straordinario, in collaborazione con l'amico Horkheimer, iniziò una sera al ristorante, quando ai due filosofi di punta della Scuola di Francoforte fu servita una pasta scotta con il ketchup. Adorno e Horkheimer denunciano la perversa logica della barbarie sottesa alla dieta americana, con toni ancor più cupi e radicali di quanto farà Marcuse nel più celebre "L'uovo a una dimensione". Indimenticabili le pagine sui formaggi italiani taroccati e l'excursus sulla Coca-Cola, che si conclude con la celebre sentenza: "il rutto è falso".

giovedì 20 maggio 2021

Coltivare l' 'ironia Nono Paragrafo Erasmo da Rotterdam


Erasmo da Rotterdam, Alloggio della Follia, BURP 2011 - Nel 1509, dopo esser rimasto per l’ennesima volta al verde, Erasmo va a scroccare un po’ di ospitalità in Inghilterra dal suo amico Thomas More. I due compari si accorgono che non è stata una grande idea studiare Lettere e che così decidono di aprire una locanda a buon prezzo riservata a Umanisti squattrinati. La regola è semplice: se un cliente si presenta in albergo con una satira che egli ha scritto contro se stesso e la recita al resto della combriccola, paga la metà della tariffa e beve gratis. Improvvisamente, da tutto il Vecchio Continente, studiosi di ogni sorta vengono a confessare le loro folli idiozie: i Platonici maledicono le idee, gli Aristotelici sniffano le sostanze, i Naturalisti lodano la plastica, gli Stoici leggono i tarocchi, gli Epicurei fanno i permalosi, i Materialisti si travestono da fantasmi e gli Scettici da testimoni di Geova, mentre i Teologi non capiscono una fava e pagano per tre. 
Quando la notizia giunge a Londra, tutte le baldracche della capitale si presentano alla locanda proponendo ai filosofi un compromesso dialettico relativo all’altra metà della tariffa, e così More ed Erasmo si ritrovano a gestire il più grande bordello d’Europa. La cosa infastidisce alquanto Lutero, che scrive il De sado arbitrio per denunciare le perversioni sessuali degli Umanisti. A quel punto Erasmo sarà costretto a replicare con il De laccio arbitrio, in cui sostiene che farsi frustare da Svetlana era stata una scelta presa in assoluta libertà e coscienza cristiana. La tesi è talmente poco convincente che farà infuriare sia i cattolici che i protestanti, i quali si impegneranno poi in una decennale guerra di religione. Peccato, perché Svetlana aveva una proposta migliore.



lunedì 17 maggio 2021

Coltivare l'Ironia John Locke



John Locke, Baggio sull’intelligenza umana, Laverza, 2008 - In questo celebre saggio John Locke, che era cresciuto con appesa in cameretta la maglia numero 10 del Roby Baggio dei tempi del Bologna, si sofferma su alcune importanti questioni teologico-calcistiche. E lo fa partendo dal semi sconosciuto libro del Jenesi, testo redatto da un ebreo juventino secondo il quale il mondo del calcio avrebbe preso origine dalle zolle dell’Eden Stadium. Pare che Eva avesse colto un pallone da un raccattapalle a bordo campo e lo avesse passato ad Adani, che - dice il libro - “non era in grado di fare nemmeno tre palleggi con le mani”. L’origine del male del tifoso avrebbe dunque preso le mosse da quel gesto originario. L’umanità sarebbe andata incontro a un inesorabile destino apocalittico di commentatori televisivi in prima serata, pronti a sparare sentenze-missile che nemmeno il rigore di Pasadena. Ed è proprio partendo da questo episodio che Locke sposta il focus sul divin Codino, che da quel lancio nello spazio aveva conosciuto il dolore, e dal dolore aveva trovato la via del buddhismo. Secondo Locke, la differenza ontologica tra l’inconscio collettivo catto-adanico e quello tratto dalla Baggiavāghita starebbe proprio nel diverso modo di intendere la sofferenza: mentre Adani continua a far soffrire il mondo del pallone - prima coi piedi e poi con le parole -, Baggio si sarebbe invece preso cura del suo dolore levandosi dai palloni, a suon di trattore, campi, legna da spaccare e gran respironi di diaframma. Il filosofo conclude il testo così: “Quando Dio distribuiva l’intelletto umano, Lele Adani era in doccia”. Ohm.


PS   Su Lele Adani  


domenica 16 maggio 2021

Coltivare l'ironia Settimo Paragrafo Friedrich Nietzsche,






Friedrich Nietzsche, L'antipasto. Mal di stomaco del Cristianesimo, Adelchi 2021 - Poco prima di sprofondare nella celiachia definitiva e finire i suoi giorni in un centro vegano torinese, Nietzsche scrive questa incandescente opera di denuncia contro la deturpazione operata dal Cristianesimo ai danni della dieta originariamente difesa da Gesù, “il quale aveva invero trasformato l'acqua in vino, a differenza dei preti, che ci hanno imposto il merluzzo insipido al posto della salsiccia". 

Radicalizzando quanto già sostenuto in "Al di là del pepe e del sale", Nietzsche afferma qui che il vero Antipasto profetizzato nell'Apocalisse è il Cristianesimo, nel cui nome il ricco menù a tre portate predicato dal Figlio di Dio è stato sostituito con un beffardo e misero stuzzichino, che ci ha lasciato con lo stomaco vuoto e la coscienza sporca. Ragion per cui, conclude il filosofo, “bisogna tornare all’Ortaccio” – la sua osteria preferita, “dove fanno una peperonata che è ‘ nu bbabbà”.

sabato 15 maggio 2021

Coltivare l'ironia Sesto Paragrafo Giorgio Manganelli e il PD





Giorgio Manganelli, Le interviste impassibili, Adelchi 2021 - Dopo aver intervistato alcuni illustri defunti dell’umanità, da Tutankhamon a Dickens e Marco Polo, Manganelli decide di intraprendere un’impresa ancora più ardua: intervistare i segretari del P.D. 

La faccenda si fa più complicata del previsto quando Manganelli si accorge che prerequisito fondamentale per governare il P.D. è l’incapacità di comprendere una domanda, a cui corrisponde una sorta di impassibilità cognitiva nella formulazione della risposta. “Quando da vivo ho parlato coi grandi morti del passato – osserva Manganelli – ho registrato soltanto qualche sinistra qualità della vita, e fu un’occasione per ridere; parlando da morto con questi segretari, invece, si finisce sempre dal lato destro del problema, dove la solitudine è assoluta”. O per riprendere un celebre aforisma di Bersani, “è più facile trovare una macchia di leopardo nel culo di una balena, che una frase di sinistra nel nostro programma elettorale”.

venerdì 14 maggio 2021

Coltivare l'ironia Quinto paragrafo Marx ed Engels



K. Marx-F. Engels - "Ittiologia tedesca", Mompiani 2020 - In quest'opera giovanile, Marx ed Engels presentano un'analisi dettagliata della fauna marittima del Baltico e del Mare del Nord, accompagnata da una raccolta di sfiziose ricette a base di aringhe, merluzzi, passere di mare e sgombri. Gli autori muovono una critica serrata nei confronti delle scarse abilità culinarie degli esponenti della sinistra hegeliana, che profondono tante energie nella critica della religione e poi non sono buoni a preparare dei filetti di aringa saltati in padella. Particolarmente incisivo il capitolo dedicato a Feuerbach, che si conclude con la celebre sentenza: "i filosofi si sono accontentati delle scatolette di tonno, ma è ora di mettersi a cucinare". Il libro (che contiene molti degli spunti poi rielaborati nell'opus magnum "Il capitone") viene oggi pubblicato in una nuova edizione a cura di Diego Fuffaro, che in sostanza ripropone la vecchia traduzione degli Editori Riuniti impreziosita da una sintassi involuta e dall'uso di parole buffe come "plusgodimento" e "turbocapitalittico".

giovedì 13 maggio 2021

Coltivare l'ironia Quarto paragrafo Sigmund Freud





Sigmund Freud, Psicopatologia della vita in quarantena, Bolliti Boringhieri 2021 - Nel 1901 Vienna viene colpita da un’epidemia di cocaina passata alla storia come Coca-19. Per tre mesi i viennesi sono costretti a restare in casa senza vedere nessuno e a sniffare soltanto caffè, e le loro abitudini cambiano drasticamente. Freud, tra una tazzina e l’altra inalata sul divano in salotto, si accorge che ad essere cambiate non sono soltanto le cose che faceva, ma soprattutto quelle che non faceva. Per esempio, non si metteva più le dita nel naso, quando ruttava teneva almeno un metro di distanza dal suo paziente e ogni tanto si scopriva a dire proverbi mezzi storpiati, come “Buon viso a cattiva mascherina” o “Alla sera leoni, al mattino arancioni”.

In seguito ad attente autoriflessioni psicanalitiche, Freud intuisce che dopo mesi passati in zona rossa il suo inconscio aveva rimosso l’amaranto e le sue variazioni cromatiche dalle proprie percezioni coscienti. Per recuperarlo, bisognava tornare al bianco della neve. Cosa che Freud fece con dispendio di fiato e di studio, che gli permise infine di formulare nel 1923 la sua famosa teoria dell’Es daltonico: “Perché ognuno di noi, come tutti i viennesi d’altronde, ha avuto almeno un bisnonno coi mutandoni bordeaux”.

martedì 11 maggio 2021

Coltivare l'ironia Terzo Paragrafo Dante Alighieri




Dante, L’Indovina Commedia, a cura di Antonella Elia, Mompiani 2021 - Opera cardine della cultura medioevale, L’Indovina Commedia diventerà in seguito l’insuperato modello dei quiz televisivi che ossessioneranno la coscienza moderna, in particolare quella italiana. 

Dante aveva infatti proposto un gioco capace di intrattenere generazioni di inquisitori e libertini, studenti e casalinghe, operai e anacoreti, tutte e tutti appassionatamente inchiodati al destino dei tre concorrenti della “Comedia”. In palio non c’erano soldi, ma la beatitudine eterna, e funzionava così: ogni concorrente doveva rispondere a undici domande relative al peccato; chi ne sbagliava più di cinque finiva all’inferno, gli altri proseguivano nel Purgatorio, dove una nuova serie di undici domande sulle buone intenzioni li aspettava; chi ne sbagliava più di tre restava dov’era, gli altri proseguivano nel Paradiso, chiamati a risolvere undici dilemmi sulla provvidenza divina. Qui non erano ammessi errori, tant’è che alla prima risposta sbagliata compariva una donna angelica che diceva al concorrente “ti vedo più come un profeta” e lo invitava a tornare a casa. 
Al termine della prima e unica edizione della “Comedia”, all’Inferno c’erano finiti tre papi, sette cardinali, quindici cavalieri, ventidue monache e settantatré frati. Preoccupata, la Santa Sede interrompe il programma e lo affida al predicatore Michele Bon Novella, che subito lo rinomina il “Cerchio della Fortuna”: adesso si giocano soldi, l’inferno è abolito, e i concorrenti sono quasi tutti laici. È un successo strepitoso, ma a questo punto la Chiesa è preoccupata per l’eccessiva presenza di candidati pagani. Quando un’amazzone vince il primo premio nella serata più importante, la faccenda diventa una questione di Stato e il Papa accusa Bon Novella di essere un eretico. Infamia da cui il conduttore si difende egregiamente, ricordando che le amazzoni si guadagnarono il paradiso da tempi immemori poiché “vinsero molti demoni grazie alla loro foga”.

lunedì 10 maggio 2021

Coltivare l'ironia- secondo paragrafo Biancaneve



Machiavelli, La principessa, Inaudi 2021 - Con la consueta lungimiranza dei filosofi, nel 1514 Machiavelli scrive un disincantato saggio di denuncia contro la versione cinematografica di Biancaneve proposta dalla Disney. Secondo Machiavelli, infatti, Biancaneve non è realmente addormentata al momento del bacio, ma volutamente si fa trovare in quello stato per far sì che il principe la baci prima e la sposi poi. Perché? Ma chiaro, per diventare principessa, “dato che il fine giustifica i mezzi, che non c’è mica sempre bisogno di accoltellarsi alle spalle come fanno i donzelli”. 

Ad ogni modo, conclude Machiavelli, Biancaneve e il principe vissero infelici e scontenti. Finché Biancaneve abbandona il castello e si unisce al G.I.N., Gruppo Internazionale dei Nani, per fare la rivoluzione e combattere le multinazionali delle mele. Tutto questo sempre nel 1514, ça va sans dire.

domenica 9 maggio 2021

Coltivare l'Ironia... Primo Paragrafo Martin Heidegger




M. Heidegger, "Tessere e tempo", Adelchi 2015 - Dopo aver impiegato 650 pagine per giungere alla conclusione che tutti dobbiamo morire e che l'essere si dà nel tempo, Heidegger passa in rassegna diversi modi in cui l'esserci può (per legittima difesa) cercare di ammazzare il tempo. Dopo aver rifiutato il Monopoli (espressione del dominio della tecnica) e il gioco dell'oca (interessante per quell'idea di ritorno al principio, ma eccessivamente compromesso con la metafisica), il filosofo conclude che non c'è niente di meglio di un bel puzzle. Il puzzle richiede solo due elementi: le tessere (parola che contiene la radice "essere", che ci sta sempre bene) e il tempo (solitamente indicato sulla confezione, ma Heidegger si accorge ben presto di riuscire a completare in poche settimane puzzle che riportano l'indicazione "da 6 a 8 anni"). La sua fase puzzle dura fino al 1933, quando - nel celebre discorso rettorale all'università di Friburgo - afferma con forza che il destino del popolo tedesco è il Risiko