martedì 29 novembre 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza---Cartesio, Discorso sul Baltico, a cura di Zlatan Ibrahimovic, Peltrinelli 2022.

 

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Chiamato in Svezia dalla regina Cristina, Cartesio viene richiamato alla realtà dal freddo, dalla miseria e dalla fame a cui viene abbandonato. In particolare, fa fatica col ghiaccio per strada: cade sette volte in un semestre, fratturandosi altrettante ossa. Costretto a letto dall’infortunio, e pieno di rancore verso il Mare Baltico (“l’orizzonte di ogni mio sfacelo”), Cartesio scrive questa lunga meditazione in cui rivaluta la sua filosofia. Ora non pensa più di dubitare, ma dubita di pensare (“forse mi si è slogata la ghiandola pineale”), ed elabora la famosa dottrina delle “idee contuse e distanti”. Il suo soggettivismo si riduce adesso al “penso, dunque cado”, cosa che non gli vieta di chiudere il saggio con questo slancio d’orgoglio: “Ma io sono Cartesio. Voi chi diavolo siete?”.

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venerdì 18 novembre 2022

Notte tra il 18 e il 19 Novembre 2022- una notte un po' iniziatica (forse senza un po'-anzi senza forse )

Gli Etruschi accolsero passivamente il mito greco o ebbero una loro mitologia? Ad uno sguardo superficiale sembra che l'immaginario mitologico etrusco sia in tutto dipendente dalla cultura greca. Ma se andiamo ad osservare alcuni manufatti artistici in cui compaiono personaggi del tutto sconosciuti alla tradizione greca, come Vanth, Pava Tarchies e Lasa Vecu, e se ci addentriamo nei più profondi meandri della letteratura classica, in cui troviamo le storie di Tages e della Ninfa Vegoia, di Porsenna e del mostro Volta, ci accorgiamo che una mitologia etrusca vera e propria è esistita.


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L'angelo dell'ottava sfera, dai Tarocchi del Mantegna



Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "DALMAZIO FRAU IDUNA L'ANGELO INQUIETO Scienza e magia in Leonardo da Vinci"


giovedì 10 novembre 2022

Caro Francesco :la pace-il papa- Artù Merlino Morgana ed Ipazia -parte prima-




Caro Francesco :la pace-il papa- Artù Merlino Morgana ed Ipazia -parte prima- 


Roma  32 Ottobre 2022  il Santo Padre Francesco in immediato e senza aver informato previamente la Curia Romana  scrive una lettera di esortazione apostolica  agli abitanti del pianeta sulla tragedia delle guerre. In tale scritto il Papa cambia del tutto la sua prospettiva sulla pace ed abbandona la rassegnata prospettiva del cessate il fuoco, della tregua e dei negoziati. Scrive ben altro per tutto il pianeta “invito-nel nome della comune fratellanza e sorellanza della persona,della terra,degli animali, di ogni forma di vita senziente e non senziente- tutti i combattenti a disertare,a deporre di propria iniziativa le armi .Non me ne importa nulla dei capi politici e militari..siete voi  disperati, sporchi, esausti, straziati delle trincee popolo della guerra a poter e a dover “mettere carboni ardenti  sulla testa “  sulla testa di quanti e di quante vi portano al massacro anche quando parlano di pace. Fratelli e sorelle:disertate...Se ha fame, colui che ti odia, sfamalo col pane; e se ha sete dissetalo con l'acqua. Perchè (così facendo) carboni ardenti metti sulla sua testa e D-o  ti ricompenserà." -proverbi 25,21-22-

La lettera apostolica sorprende tutti  e in una sorta di complicità planetaria  tutti i potenti della terra (e siamo tutti potenti, compresi noi due) decidono di non dar notizia se non in trafiletti finali di giornali e alla fine di ogni rubrica di informazione nei social. Parola d'ordine: “sopire,troncare,troncare sopire”

In Italia ci si adegua subito..E lo facciamo tutti e tutte(anche noi due ..quel che propone il Papa è folle..così non possiamo più scrivere sui blog, scrivere libri e andare in tv) . La presunta sinistra accusa il colpo sia nella versione pacifista sia nella versione militare. Pare che Minniti e Livia Turco e Crosetto per la destra e per il governo   in sede di convegno sulla pace abbiano (ma il labiale è chiaro) sussurato “E' matto..E' un coglione..Così distrugge l'economia del Pianeta.” E pare che  ci sarà una sola risposta unitaria cofirmata da Soros ed Orban Putin e Biden ma anche dai delegati di ogni tipo di pacifismo .. per ringraziare ufficialmente il Santo Padre con l'invito malcelato di farsi gli azzi suoi. Preghi e non rompa le balle. 



Roma 33 Ottobre 2022

Il Santo Padre vive di amarezza. Aveva messo in conto  l'opposizione alla sua lettera ma non aveva considerato la censura planetaria . Sa che è finita. Tra l'altro io ,nel mio piccolo, non ho dato spazio sui social e sui blog all'iniziativa del papa e tu hai continuato a presentare il  tuo bel libro dovunque nel pianeta ma senza citare la novità proposta dal Papa..etsi Papa non daretur. Senza guerra per diserzione  nessuno di noi tutti avrà qualcosa da scrivere e da  dire. I Giovedi palermitani pacifisti glamour alla Statua della Libertà sarebbero ora spernacchiati  come anche le manifestazioni a favore dei regimi tutti quanti ..Il papa ci impedisce di giocare  con il culo dei popoli  tutti. Non lo possiamo accettare. Vada a Fan Anghul ..E' un pericoloso eversore dei nostri poteri.

Roma 34 Ottobre 2022- 

Il papa sconfitto e rassegnato  ha annullato tutte le udienze e tutti gli incontri istituzionali come anche  tutte le sue visite pastorali  e i suoi viaggi apostolici. Non firma più nulla..Non governa più. La curia romana comincia a premere per le dimissioni e il Papa al cardinal segretario di stato che lo invita a dimettersi per il bene della Chiesa risponde “sti cazzi” .Il cardinal segretario di stato scuote la testa  e va via ma si comprende che ormai la curia sta preparando la soluzione finale . 

Tuttavia...Al Santo Padre viene annunciata la presenza di uno strano gruppo di pellegrini e visitatori. Quattro  persone  vestiti in modo altomedievale   chiedono di essere ricevuti dal Papa. Lasciano i loro nomi alla segreteria del Papa ed attendono in sala d'attesa: Artù di  Camelot, Merlino di Britannia, Morgana del popolo dei Celti e Ipazia di Alessandria.E hanno comunicato che tutti provengono dall'isola di Avallon 

Il Santo Padre sta leggendo il testo di Sergio Quinzio “Mysterium Iniquitatis”.Sospende la lettura e comunica alla segreteria che le quattro persone possono entrare.Inutilmente la segreteria avverte che Artù porta con sé una grande spada..Il papa risponde: E' la santa Excalibur.. Fateli entrare


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E qui caro Francesco finisce la prima parte della mia fabula /narrazione  ammesso e non concesso che sia solo fabula e non evento concreto. Ma questo è altro argomento. 

Un triplice fraterno abbraccio nella memoria del nostro padre tra i Santi Giordano Bruno  in attesa della narrazione degli eventi.

Padre Giovanni Festa/tanino festa .



Arazzo con Artù rappresentato come uno dei Nove Prodi e con lo stemma delle tre corone spesso a lui attribuito, 1385 circa

«HIC IACET ARTHURUS REX QUONDAM REXQUE FUTURUS»

(iscrizione tombale di re Artù da La morte di Artù, libro XXI)

domenica 25 settembre 2022

Quando è libero, cioè non provocato da una necessità, il pensiero non è solo un atto conoscitivo: è un atto ludico,


“Minima Mirabilia: il pensiero è biografia, lo stupore del mondo è il mio stupore”. Minima mirabilia sarebbero quella piccola parte di tutte le cose esistenti che incontrano il soggetto e lo meravigliano; una piccola somma di esperienze, studi, letture, incontri, che determinano l’evolversi del pensiero e dunque la biografia mentale di ogni individuo.

Quando è libero, cioè non provocato da una necessità, il pensiero non è solo un atto conoscitivo: è un atto ludico, espletato per il piacere profondamente connaturato in ognuno che deriva dalla manifestazione del sé. Lo stoicismo romano (Seneca, Marco Aurelio) riassumeva nella parola integritas la qualità morale dell’individuo, alla quale dovevano partecipare, come mezzo e non come fine, le sue tre principali attitudini: l’uomo doveva essere o cercare di essere insieme ed equilibratamente faber, sapiens e ludens. Quindi, come si vede, neppure gli stoici rinunciavano al piacere. Quella del pensiero è dunque un’attività che del gioco conserva la curiosità, l’esplorazione, l’esercizio e il confronto, e delle altre due la tensione e almeno (come ho già detto) un tentativo di sistematicità.


Le prime cinquanta pagine in


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sabato 10 settembre 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza --Nietzsche, "La volontà di polenta", Mompiani 2017 -



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Nietzsche, "La volontà di polenta", Mompiani 2017 - Dopo aver scandalizzato i cuochi di tutta Europa con le tesi provocatorie esposte ne "L'Antipasto" e "Al di là del pepe e del sale", Nietzsche progettava di concludere la sua trilogia sulla trasvalutazione della cucina con un'opera spiazzante dedicata alla dieta del superuomo. La suprema affermazione del "sì" alla vita è una lunga camminata in montagna seguita da un piatto semplice e sostanzioso tipo polenta e salsiccia, roba che ti viene voglia di fare il bis in eterno. "La volontà di polenta" è stata a lungo considerata esito di una falsificazione, in quanto gli appunti frammentari di Nietzsche furono riordinati dalla sorella Elisabeth e dall'amico Peter Gasthaus, che li interpolarono rispettivamente con riferimenti antisemiti e messaggi promozionali per pubblicizzare una catena di ristorazione. Il testo viene oggi riproposto in una versione fedele alle intenzioni dell'autore, impreziosita da una ricostruzione filologicamente impeccabile della ricetta dello strudel.


domenica 4 settembre 2022

I coristi (ieri ed oggi) di Mani Pulite- di Giuseppe Sottile




Sono i giornalisti coraggiosi. 

Trent’anni fa, al tempo di Mani Pulite, camminavano in gruppo. Si erano addirittura costituiti in pool – come le tre punte schierate in attacco dalla procura di Milano: Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo – e avvertivano lo stesso zelo rivoluzionario, salvifico, purificatore che si respirava nelle stanze del Palazzo di Giustizia. Loro, i magistrati, arrestavano corrotti e corruttori, manager e tangentisti, boiardi di stato e assessori di provincia, democristiani e socialisti. Davano la caccia a Bettino Craxi, detto il Cinghialone, tenevano sotto scacco Arnaldo Forlani e Romano Prodi, martellavano sui vertici dell’Eni e su quelli delle Ferrovie, strizzavano le palle a un mariuolo che prendeva mazzette al Pio Albergo Trivulzio e anche a un capitano d’industria conosciuto e stimato in tutto il mondo come Raul Gardini. Loro, i magistrati, non si lasciavano intimorire da nessuno e non si lasciavano impietosire nemmeno da chi si ammazzava in carcere per la disperazione. Erano implacabili e intoccabili. Erano i Reverendissimi Inquisitori. Ai loro piedi – hic genuflectur – c’erano i cronisti del pool che, come chierici vaganti, predicavano urbi et orbi la necessità di radere al suolo ogni male, ogni colpa, ogni peccato, ogni compromissione. Non cercavano una Bastiglia da abbattere, ma un San Vittore da riempire. E ogni giorno informavano lettori e telespettatori sulla contabilità della rivoluzione. Somigliavano tanto, scusate l’accostamento, a Célestine Guittard, il proprietario terriero di Parigi che, negli anni della ghigliottina, annotava su un diario – lo ha scoperto e pubblicato, nel 1973, lo storico Roger Aubert, si intitola Journal d’un bourgeois de Paris sous la Révolution – il numero di teste mozzate. Era originario d’Evergnicourt, un villaggio della Champagne, ma abitava a Saint-Sulpice a due passi dal palchetto infame dove il cittadino Robespierre apparecchiava ogni giorno il grand guignol delle condanne a morte. Célestine segnava ogni dettaglio. La mattina del 21 gennaio 1793, alle dieci e venti, assiste alla decapitazione di Luigi XVI, re di Francia e puntualmente scrive che faceva freddo, che il termometro segnava tre gradi. Non batte ciglia, non emette un minimo segno di orrore. E il giorno dopo, come al solito, invita a pranzo una sua amica, Madame Sellier, perché Guittard con tutti i guai che il paese attraversa ha sempre di che mangiare o dar da mangiare ai propri ospiti. Nel marzo 1794 assiste all’esecuzione di Hébert e di altri 19 cospiratori e saluta, con una pennellata di luce, la nuova primavera: “Il faisait le plus beau temps du monde, et chaud”.


Altri tempi, va da sé. Ma la domanda resta terribilmente attuale: senza i giornalisti che facevano da coro a quell’immane lotta tra il bene e il male, i magistrati di Mani Pulite avrebbero avuto tutto il potere che hanno avuto? Si affacciavano alla tv e bloccavano i decreti del governo sulla carcerazione preventiva; camminavano per strada e venivano applauditi, incoraggiati, osannati. Nell’aula di Montecitorio venivano fiancheggiati da deputati che esibivano il cappio, che inneggiavano alla forca, che sventolavano le manette. A Roma, davanti all’hotel Raphael, il già presidente del Consiglio – Bettino Craxi, sempre lui – viene insultato nella maniera più sordida: con il lancio delle monetine. Allons enfant. E quando all’ancien regime, decapitato dalle inchieste, succede Silvio Berlusconi – era venerdì 21 novembre 1994, vigilia del vertice Onu di Napoli – ecco che una “manina manona” della Procura confida sottobanco a un cronista del Corriere della Sera che il Cavaliere è stato colpito, manco a dirlo, da un avviso di garanzia per concorso in corruzione. Una data da segnare. Rivela che da quel momento la magistratura sa come amministrare, per fini politici, i tempi di una notizia: nasce la “giustizia a orologeria”. E rivela anche che tra gli inquisitori e i chierici, in forza della lunga frequentazione, si è stabilita una complicità, un pactum sceleris che non ammette tradimenti. Da un lato c’è il magistrato che viola il segreto istruttorio e organizza all’un tempo l’aggressione politica; dall’altro lato c’è un giornalista che promette di non rivelare mai la fonte e che già pregusta l’avvento di altre indiscrezioni, di altre carte cedute di contrabbando, di altri dossier consegnati in barba a tutte le leggi. A chi apparteneva la “manina manona” della fatale confidenza? Dopo trent’anni il mistero resiste ancora.

Mani Pulite, comunque, non c’è più. Antonio Di Pietro, l’attore più popolare e ombroso di quella stagione giudiziaria, ha tentato la strada della politica ma alla fine, inseguito da incresciosi interrogativi sulle sue attività e sulle sue relazioni, ha preferito ritirarsi nelle campagne di Montenero di Bisaccia e lasciare ai posteri l’immagine di un Cincinnato inseguito da mille dicerie: dirà che lo perseguitavano le dicerie degli untori. Piercamillo Davigo ha scalato invece tutti i gradi e i trofei della giurisdizione, ha predicato a tutte le ore la buona novella del giustizialista che vede solo colpevoli e mai un innocente, ed è finito come per contrappasso in una palude maleodorante dove affiorano faide e rancori tra toghe che fino a un giorno prima sembravano campioni di rigore e santità. Con lui, nelle inchieste di Brescia, sono finiti anche nomi altisonanti della procura milanese, a cominciare da quel Fabio De Pasquale, l’aggiunto di Francesco Greco, che per oltre dieci anni ha dato la caccia all’Eni e ha perso in malo modo la sua personale partita con la giustizia. Le indagini sono ancora alla fase preliminare. Chi vivrà, vedrà.


E’ rimasto intatto invece il sistema inaugurato il 21 novembre del 1994 dal giornalista del Corriere – unico e solo, non più in pool – che ricevette da una manina della procura milanese la soffiata dell’avviso di garanzia a Berlusconi. Gli eredi non si contano. Spaziano da Palermo a Firenze, da Catanzaro a Reggio Calabria, da Napoli a Trani. Si sono attaccati soprattutto alle costole dei “magistrati coraggiosi”, di quelli che vogliono riscrivere la storia d’Italia e che per compiere questa ardita impresa hanno bisogno di essere eroi e di avere le mani libere su tutto, anche sui codici. Fateci caso: ovunque c’è un magistrato che cerca l’onnipotenza lì c’è un giornalista che lo serve fedelmente, che dilata ogni suo respiro, che avalla le sue ambizioni, che consacra i suoi teoremi, che sa come sfogliare e leggere le intercettazioni, che sa come condurre il gioco perverso di "mascariare" i nemici e mettere in difficoltà un partito, un governo, un sindaco o un presidente. E’ il giornalista con le stellette, praticamente un soldato. Ma per darsi un tono si definisce giornalista d’inchiesta e come tale si guadagna anche lui uno strapuntino nel piazzale degli eroi: se gli va bene gli assegnano pure la scorta.


Un magistrato teoricamente – molto teoricamente – può anche pagare pegno dopo uno scivolone. Va bene che cane non mangia cane; però può sempre capitargli un inciampo o un procedimento disciplinare davanti al Consiglio superiore della magistratura. Mentre al giornalista d’assalto – o dalla schiena dritta, decidete voi – difficilmente succede qualcosa. Partiamo dai fatti: fu mai richiamato alla decenza l’autore dello scoop che qualche anno fa portò alle dimissioni di una ministra, definita in uno scazzo con il fidanzato “sguattera guatemalteca”, ministra puntualmente archiviata? Il giornalista coraggioso, ma soprattutto premuroso nei confronti del magistrato che gli ha rifilato l’indiscrezione, avrà certamente sostenuto, con gli amici e con i colleghi, di avere esercitato il diritto di cronaca; quel diritto che garantisce anche la possibilità di entrare a gamba tesa nella vita privata degli altri, di devastarla di sfregiarla, di distruggere storie e reputazioni, di polverizzare carriere e patrimoni. E’ la stampa, bellezza!


Ma per scoprire come il connubio tra malagiustizia e giornalisti diventa a tratti persino velenoso bisogna entrare nel rito palermitano. Qui la lotta tra mafia e antimafia non ha mai conosciuto tregua. Qui ci sono stati i veri eroi, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, trucidati da attentati che hanno segnato punte altissime di morti, di sangue e di terrore. Ma sull’onda lunga della doverosa e strenua guerra ai boss e ai picciotti, ai complici e ai fiancheggiatori, si sono istruiti anche molti processi finalizzati – quasi tutti in buonafede, ci mancherebbe altro – a colpire chi aveva garantito alla cupola di Cosa Nostra coperture politiche, oltre che istituzionali. Si cominciò, già nel 1993, subito dopo l’arrivo di Gian Carlo Caselli alla procura di Palermo, con il processo a Giulio Andreotti, sette volte presidente del Consiglio dei Ministri e leader nazionale di una corrente democristiana che in Sicilia aveva come massimo esponente Salvo Lima, morto ammazzato nel marzo del ’92, e i terribili cugini Nino e Ignazio Salvo, esattori mafiosi di Salemi. Un processo non facile, per carità. Ma Andreotti finì assolto: non c’erano prove sufficienti. I giornalisti più vicini alla procura si impegnarono fino allo spasimo. Tirarono fuori persino il bacio tra il callido statista e il sanguinario Riina, detto “Totò u’ curtu”, boss latitante dei sanguinari corleonesi. Ma non ci fu niente da fare.


Poi si montò un processo per mafia anche contro Corrado Carnevale, presidente della prima sezione della Corte di Cassazione, definito dal circolo delle anime belle un “ammazzasentenze” perché aveva annullato condanne che lui, giureconsulto di scuola eccellente, aveva ritenuto ingiuste e approssimative. Apriti cielo. Si mobilitarono plotoni di pentiti che parlarono di borse piene di soldi in viaggio da Palermo fino al palazzaccio romano di piazza Cavour. L’anziano giudice fu intercettato, offeso, oltraggiato, umiliato. “Prima lo chiacchierano selvaggiamente e poi dicono che è un giudice chiacchierato”: fu questo il commento di Leonardo Sciascia, scrittore di verità. Ma, nonostante lo schieramento militare di giornali e professionisti della diffamazione, anche Carnevale fu assolto: non c’erano prove.


Il salto nel cielo delle cose mai viste avviene però nell’immediata vigilia delle elezioni del 2013. Antonio Ingroia, un procuratore aggiunto di Palermo che coltiva l’ambizione di una carriera politica, riesuma brandelli di inchieste più volte archiviate e imbastisce una mastodontica trama su una improbabile trattativa tra i vertici dello Stato – a cominciare dai generali dei carabinieri che nel gennaio del ’93 avevano catturato Riina – e i padrini di Cosa Nostra. Una boiata pazzesca, affidata quasi esclusivamente alle patacche di Massimo Ciancimino, figlio di quel Vito Ciancimino che negli anni del sacco edilizio fu sindaco di Palermo e uomo dei corleonesi nel gioco sporco della politica. Massimuccio – divenuto per esigenze di copione “icona dell’antimafia” e incoronato come tale da un bacio pubblico di Salvatore Borsellino, fratello del giudice assassinato in via D’Amelio –  diventa il ventriloquo del padre e ha quindi il diritto di inventarsi tutte le sceneggiature necessarie per trasformare l’inchiesta in un romanzo criminale. Un romanzo che Ingroia, vicino alla discesa in campo come candidato alla poltrona più alta di Palazzo Chigi, affida per intero nelle mani di una fidatissima confraternita di giornalisti e dei loro tambureggianti talk-show. E’ il trionfo – pubblico e assordante – del circo mediatico giudiziario. E’ il punto di arrivo di un processo che non si celebra più in un’aula del tribunale ma direttamente e ufficialmente in piazza perché il magistrato che lo ha istruito preferisce le luci della ribalta ai ritmi lenti e un po’ noiosi della Corte d’Assise. Massimo Ciancimino non è più un testimone a disposizione di accusa e difesa, ma un attrezzo di scena nel palcoscenico della finzione e di una politica fatta di cenere e fango, per dirla con Giobbe.


Povero Célestine Guittard. Nel dicembre del 1795 la rivoluzione, che aveva creato e spezzato tanti idoli, non lo incanta più. Troppa violenza, troppa oratoria inutile e beffarda, troppi disastri. “Tous les beaux discours ne flattent plus l’oreille”, scrive. E chiude il diario.


https://www.buttanissima.it/i-coristi-di-mani-pulite/

sabato 23 luglio 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza--Tommaso Campanella, La città delle Sòle, Filtrisnelli 2021 -



Tommaso Campanella, La città delle Sòle, Filtrisnelli 2021 - 
La città delle Sòle, come ogni utopia degna di tal soprannome, è una Repubblica dall’etimologia diffidente. Per alcuni interpreti, essa è la capitale delle “sole virtù”; per altri, la capitale in cui “la virtù è soltanto una sòla”. Campanella, frate e astrologo impareggiabile, alla città delle Sòle ci è arrivato per caso dopo aver preso la Metro C al Parco Centocelle di Roma: “Io volevo scendere alla stazione Finocchio, ma dopo sette anni di attesa e quattordici di viaggio, sono finito nel Mondo Nuovo. Non c’avevo manco il biglietto, ma nelle città delle Sòle, metropoli dei sognatori in condono, meno paghi meglio stai”.
Questo, infatti, stabiliva la legge del principe Sòlone, il cui governo teocratico era poi affidato nelle mani dei tre grandi sacerdoti Mor, Tacc, Tua – infallibili feudatari del volere divino.
Quando un sopruso veniva denunciato, la triade dei Mor, Tacc, Tua ripeteva il proprio taumaturgico nome al suddito defraudato, che con tale sentenza veniva così ricompensato del torto subito. Secondo Campanella nessun viaggiatore poteva immaginare luogo più giusto della città delle Sòle, ragion per cui egli si augurava che ogni italico sovrano prendesse Sòlone come modello e ispirazione. Cosa che fortunatamente è accaduta, come ci insegna la modernità, perché non sempre la realtà è sorda alle fantasie dei filosofi. Un capolavoro della letteratura rinascimentale


martedì 12 luglio 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza---Silvio Pellico, "Le mie pigioni", Montatori 1998





Silvio Pellico, "Le mie pigioni", Montatori 1998 - In questo testo autobiografico, uno dei massimi scrittori del Risorgimento denuncia la difficoltà di trovare casa in affitto a Milano a un prezzo decente. Arrestato e condannato per aver aderito a un sindacato degli inquilini, Pellico è posto di fronte alla drammatica alternativa tra il carcere duro in Moravia e un posto letto in camera doppia a Lambrate a 800€ al mese (più le utenze).

martedì 5 luglio 2022

Deus duepuntozero. Ripensare la fede nel post-teismo autore. Paolo Gamberini




Stiamo vivendo un’epoca non solo di cambiamenti (Papa Francesco), ma un tempo che esige una trasformazione nel modo di pensare e vivere la religione. La coscienza di fede delle nuove generazioni risulta essere sempre più secolarizzata, agnostica e indifferente: come e quale Dio annunciare? Allo stesso tempo la mistica e le recenti scoperte scientifiche (fisica quantistica e neuroscienze) ci dischiudono una visione della realtà che nel suo più profondo è quanto mai connessa e consapevole di se stessa. Siamo nell’era del post-teismo. A differenza dell’ateismo dei secoli scorsi, il post-teismo non rifiuta qualsiasi trascendenza ma solo quella di un Dio assolutamente separato dal mondo che interviene dall’esterno per salvarlo (teismo). Il cosmo non è fuori, ma è in Dio (panenteismo). Come comprendere le verità della fede cristiana a partire da questa “aggiornata” (Deus 2.0) prospettiva teologica? Lo scopo di questo libro è di intraprendere un esercizio di inter- e trans-disciplinarietà, integrando nel cammino di ricerca l’aspetto teologico, scientifico e mistico dei vari saperi, per offrire così una proposta di rilettura della fede cristiana. Prefazione Riccardo Battocchio.







Dalla Prefazione di Riccardo Battocchio:
«Il motivo per cui questo libro merita di essere letto anche da un teista (trinitario-relazionale) poco disposto ad abbandonare questo orizzonte è il fatto di trovarsi costantemente sottoposto a un pungolo intellettuale che lo costringe a mettere alla prova i propri argomenti, a coglierne i punti deboli, le possibili contraddizioni, le reali vie di uscita (non le vie di fuga). (…) Il libro è  un saggio di teologia sistematica: la proposta di un cammino serio, articolato, argomentato che è servito all’autore per pensare la propria e l’altrui esperienza di fede, e può servire a chi lo legge a instaurare un dialogo fra ciò che già pensa e ciò che un altro ha pensato sulla fede cristiana. È un saggio, un “tentativo”, frutto di un lavoro assiduo e prolungato che non vuole rimanere solitario ma si espone al dibattito pubblico. In casi come questo l’autore è anche un po’ “tentatore”: non come l’avversario, il satana, che vuole sedurre qualcuno per allontanarlo dal bene, ma come uno che “tenta”, che “prova” e “mette alla prova”, come si diceva sopra. Egli svolge così un servizio prezioso.
Fare teologia per questo mondo e per questo tempo – senza per questo essere schiacciati su questo tempo o da questo tempo – significa anche accettare di mettersi alla prova, di mettere alla prova e di essere messo alla prova. È la prova del logos, della parola che, in quanto umana, è insieme necessaria e inadeguata per rapportarsi alla realtà.»




lunedì 4 luglio 2022

Sara Cassandra "vedo che le idee possono connettersi fra loro anche se nacquero disconnesse"





Certe volte mi fermo in libreria per osservare i titoli dei libri e giocare a connetterli fra loro, col pensiero. A questa maniera, io passeggio, avanzo fra gli scaffali, e creo una mia storia mentale, mentre contemplo e associo tutti i titoli che il mio sguardo incontra in progressione. E mi sento inquieta e mi sento preda di una strana meraviglia, perché mi affaccio all’universo tascabile delle idee umane, e vedo che le idee possono connettersi fra loro anche se nacquero disconnesse. È una specie di cerimonia olistica dell’immaginario collettivo. Perciò almeno una volta al mese mi fermo ad osservare i titoli, almeno una volta al mese mi rincuora la semplice esistenza di quelle idee. Il processo di incorporazione avviene dopo, quando esco fuori dall’idillio azionato dalla compresenza di tutti i titoli insieme, e scelgo un solo titolo, per dargli il privilegio di tutto il mio stupore. Comprare un libro preannuncia così un dare e un ricevere: dal libro riceviamo stupore, e al libro diamo il privilegio di stupirci


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domenica 3 luglio 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza---Hobbes, "Il Deretano", Laverza 2019





Nella versione definitiva del suo capolavoro, Thomas Hobbes rivede la teoria del contratto sociale alla luce del concetto di deretano. In stato di natura gli uomini sono in una condizione ferina: ognuno vive sotto la minaccia costante di essere assalito alle spalle da un suo simile, e la rinuncia al proprio ius naturalis è dettata dalla necessità di salvarsi il deretano. A questo scopo nasce lo Stato, simboleggiato da un grande Deretano (formato dall'unione dei molti deretani individuali), al riparo del quale gli uomini possano vivere in pace. Nello Stato, d'altra parte, gli uomini si ritrovano alla mercé di un potere assoluto a cui devono baciare le terga, e che può far piovere sui sudditi ogni sorta di schifezze. Dal celebre "homo homini lupus" si passa dunque alla condizione sintetizzata nei non meno celebri "shit happens" e "piove, governo deretano".

venerdì 1 luglio 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza----Jean Paul Sartre, L’assistenzialismo è un umanesimo, Murcia 2021 -





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 Nato da una celebre conferenza sulla piattaforma Rousseau, tenutasi dopo la novantasettesima crisi di governo provocata dal cinico ministro Frenzì, questo testo risponde a una delle domande che hanno ossessionato Sartre nel corso della sua lunga carriera: l’intellettuale si mantiene attraverso la politica o dalla politica è mantenuto? Richiamandosi a Pico della Mirandola e alla celebre tradizione umanista, Sartre ci ricorda che l’uomo «è l’unico animale che si fa pagare per ciò che può essere». Premessa da cui egli deduce coerentemente che l’intellettuale, quale emblema stesso dell’umanità, sia il più costoso degli esseri pensanti, a libro paga dello Stato. Per questo, contro tutte le visioni monastiche della filosofia, egli afferma che il vero intellettuale debba essere «assisté». Tesi epocale, che permetterà al visionario Jill de Moué di far approvare dal Parlamento la legge del reddito di cittadinanza metafisica per i disoccupati della ragione.
Un decreto fortemente criticato da Heidegger nella Lettera sull’assistenzialismo, dove leggiamo che il vero intellettuale fa il giardiniere nella Foresta Nera, porta imbarazzanti calzoni di lana vetrata e mangia esclusivamente zuppe di lardo preparate da donzelle vichinghe. Ma questa è un’altra faccenda. 

giovedì 30 giugno 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza---Gilles Deleuze&Felix Guattari, Mille Viali, Tavernelli, 2010



Gilles Deleuze&Felix Guattari, Mille Viali, Tavernelli, 2010 


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 Nel 1980, al termine di una noiosa e stressante sessioni di esami, gli amici Deleuze e Guattari vanno per un mese in vacanza ad Amsterdam, l’unica capitale europea che ha legalizzato l’uso della marjuana e dei lettini lacaniani. Durante il viaggio, i pensatori si liberano delle culotte cartesiane e dei mutandoni hegeliani che si erano portati in valigia e scoprono l’ebbrezza anarchica del pe-rizoma puntiforme. Se Freud sosteneva il principio del “coprire le palle per far pensare la pelle”, D&G affermano invece la tesi del “tagliare le palle per sfrangere il Capitale”. L’idea, non priva di contraddizioni, nasce dal circolo decostruzionista dei coffee shop amsterdamiani, i cui clienti sostenevano da tempo l’impossibilità di rollare una canna senza essere capovolti dalla canna medesima. Deleuze chiama questo capovolgimento di prospettiva “sicceità chimica”, un termine che egli riprende dalla scolastica scrotistica francese ma che declina in chiave postmoderna: “QUESTA canna, come QUESTO uomo, sono una canna e un uomo perfetti, pur non confondendosi né con una cosa né con un soggetto universale e predefinito. Ciò che conta non è l’atto del pensare la cosa, ma l’evento del fumare la canna. Ma soprattutto, ho fame. Passami la cioccolata”

mercoledì 29 giugno 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza--Ritorno al Fusaro, diretto da Robert Zemeckis, 2019.



Dopo aver scoperto che Diego Fuffaro ha iniziato la sua carriera di pubblicista per rimorchiare, Emmett Brown decide di rispolverare la DeLorean* e di tornare nel 2002: il piano è aiutare il giovane Fusaro (ancora un innocuo studente al primo anno di filosofia) a trovare la figa, per spezzare la catena di eventi che lo porterebbe a trasformarsi in Diego Fuffaro.



lunedì 27 giugno 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza--Michel Foucault, Le parole e i corsivi, Burp 2022.




Michel Foucault, Le parole e i corsivi, Burp 2022.

Foucault, in questa magistrale opera di biopolitica dedicata ai tiktoker, offre una lettura decostruzionista del “parlare in corsivo”. Il libro parte da lontano, dal triste Rinascimento, quando “le parole erano iscritte nelle cose”, e di epoca in epoca arriva fino ad oggi, in questo presente dove “le parole sono scappate dalle cose, a gambe levate”. È qui che spuntano i tiktoker, giovini e giovine dal talento di una Big Babol che condividono video di pochi secondi con l’universo social, dettando così “le condizioni del discorso dell’episteme moderna”.
Ora, ed è un vero colpo di scena, l’episteme tiktokkara prevede che si debba parlare “in cörsivœ”, ossia castrando un pollastro tutte le volte che si pronunciano le vocali e le sillabe finali di un sostantivo. Con la consueta lucidità del suo stile, Foucault indossa un paio di occhiali snob e ci spiega dunque come pronunciare in cörsivœ i grandi concetti della metafisica occidentale.
Ripetete con noi: “idëaeee”; “anîiiiame”; “måiiiiæüticaaaa” (questa è difficile anche in italiano, lo sappiamo).
Insomma, un testo da leggere. Ma soprattutto, un testo da visualizzare.

domenica 26 giugno 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza -sempre Marx ed Engels




Marx-Engels, "Palinsesto del partito comunista", Gnuton Compton 2018

Anche se i dettagli organizzativi della futura società comunista restano vaghi, Marx ed Engels dimostrano di avere un'idea piuttosto precisa dei programmi televisivi che caratterizzeranno la fase di transizione. Punti di forza del palinsesto sono:

"Mattina nella Sacra Famiglia" (intrattenimento per casalinghe incentrato sulla critica della filosofia hegeliana);

"Cucina di classe" (appassionante competizione tra due squadre che si sfidano nell'esecuzione di ricette a base di bambini);

"La fine della storia siamo noi" (serie di documentari di introduzione al materialismo storico);

"L'isola dei fumosi" (reality show che ha per protagonisti un gruppo eterogeneo di ortodossi, revisionisti, populisti, anarchici e mazziniani, lasciati a discutere di strategie rivoluzionarie su un atollo caraibico).

Dopo la prima serata dominata dai film di Ejzenštejn e Nanni Moretti, nella programmazione notturna spicca il programma per adulti "Luci rosse", diversivo piccante in attesa che sorga il sol dell'avvenire


sabato 25 giugno 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza --Max Weber e Luigi Di Maio




Max Weber, "La politica come processione", Montatori 2003 - In questo breve saggio Weber offre un'originale (e per molti versi profetica) interpretazione teologica della politica italiana. Un nuovo soggetto politico inizia tipicamente, come i movimenti di riforma religiosa, da un desiderio di ritorno all'onestà e alla purezza delle origini, e dall'aspirazione messianica ad abolire la povertà. Il principio ispiratore è l'unità, incarnata da un leader carismatico e dalla metafisica dell'"uno è uguale a uno". Segue una dinamica analoga a quella che il neoplatonismo chiama emanazione e la teologia cattolica processione: come lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, così dall'unità originaria del movimento sorgono una molteplicità di correnti, destinate a separarsi con accuse reciproche di eresia. A questo punto un gruppo elegge un nuovo capo carismatico che dà alla sua leadership una legittimazione soprannaturale ("Egli è l'Eletto! Vendeva bibite allo stadio e adesso è ministro degli esteri, avete forse bisogno di altri segni?"). Quando la serie di scissioni ha ridotto il quadro politico a un confuso coacervo di partitini personali centristi, il terreno è fertile per la nascita di un nuovo movimento di rinnovamento morale e il ciclo ricomincia



venerdì 24 giugno 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza Ancora. Marx ed Engels



Karl Marx e Friedrich Engels, Il Malinteso del Partito Comunista, Laverza 2048.

Uno spettro si aggira per l'Europa, e ovunque grida: "è giunto il tempo della ricreazione!".
Ma c'era un sacco di rumore di fondo e non si sentiva bene. Forse aveva detto "benedizione", forse "ruminazione".

Nella traduzione qui proposta da Fuffaro, pare che abbia detto "Né rosso né bruno", riferendosi presumibilmente a qualcosa da mangiare.
Perché anche i fantasmi hanno fame.