martedì 15 giugno 2021

Coltivare l'ironia XXIII Capitolo Platone




Platone, Se poso, a cura di Giorgio Rolli, Inaudi 2020 -

 Dopo aver vinto un concorso di poetry slam, Agatone invita Socrate e altri cinque amici a casa sua per festeggiare con qualche bicchiere. I setti compari, freschi di dottorato e disoccupazione, alla ventisettesima bottiglia di Chianti si immaginano di dover scrivere un progetto di ricerca dedicato al balordo dio Amore, per rispondere a una domanda su cui i critici non concordano mai: Amore si veste alla moda o come un fricchettone fuori corso dei centri sociali? 

Secondo Fedro, essendo Amore il più vecchio degli dèi, non era certo al passo coi tempi, e infatti portava soltanto giacche e cravatte scolorite male. Al contrario, Pausania credeva che ci fosse un Amore per la stagione primavera-estate, abbastanza sconcio al dire il vero, ma che sapeva cosa e come far vedere; e un Amore per l’autunno-inverno, dalle stoffe più eleganti e nostalgiche, per cui la bellezza è nella fantasia.
Erissimaco, specializzando in medicina, sperava che Amore si vestisse come le infermiere nei film di Tarantino. Aristofane, invece, credeva che Amore fosse un obeso scorpaccione, che in un giorno mangia quello che tu non mangeresti in un mese, e quindi per necessità veste extra-large, “dato che, per mettergli una magliettina attillata, prima dovresti tagliarlo a metà”. 
Agatone, sempre per far le cose in rima, diceva che Amore punta soprattutto sul pallore, e quindi preferisce il bianco. Cosa di cui Socrate dubitava assai, perché la stilista Diotima, sua carissima conoscente, gli aveva confidato che Amore, in gioventù, aveva fatto il modello, ed era certamente viola il colore del suo cuore. 
A questa uscita, tutti cominciano a litigare con Socrate, convinti che abbia detto una cazzata. Ma quando le offese si fanno pesanti, fortunatamente in salotto compare un ubriachissimo Alcibiade, che azzittisce la platea per dichiarare: “se nessuno di voi ha mai visto Socrate travestito da Marilyn Monroe, come fortunatamente è capitato a me, di Amore non parlate nemmeno”. 
A questo punto tutti chiedono a Socrate di fare la famosa scena della toga al vento. E l’affascinante e nasuto sileno, per non deludere gli amici, li porta allora sotto i portici, per mostrare alla città di Atene che cosa significa davvero passeggiare

lunedì 14 giugno 2021

“Là dove si danno alle fiamme i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini”. (Heinrich Heine)

Chi ci avrà ma insegnato le cattiverie? – Un acutissimo pensiero di Eduardo Galeano

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Dalle talpe abbiamo imparato a fare i tunnel.

Dai castori abbiamo imparato a costruire dighe.

Dagli uccelli abbiamo imparato a fare le case.

Dai ragni abbiamo imparato a tessere.

Dal tronco che rotolava giù abbiamo imparato la ruota.

Dal tronco che galleggiava alla deriva abbiamo imparato la nave.

Dal vento abbiamo imparato la vela.

Chi ci avrà ma insegnato le cattiverie?

Da chi abbiamo imparato a tormentare il prossimo e a umiliare il mondo?


Quando fai qualcosa, sappi che avrai contro quelli che volevano fare la stessa cosa, quelli che volevano fare il contrario e la stragrande maggioranza di quelli che non volevano fare niente.

Confucio





 Charles Lenoir, Meditation.)

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Negli ultimi 10 anni e sempre più di frequente ci si trova a parlare di Intelligenza Artificiale (IA). Teorizzata negli anni ’50, ne sono stati realizzati i primi prototipi negli anni ’60 e dagli anni ’90 alcuni sistemi sono pienamente operativi in ambito industriale. Cosa è cambiato negli ultimi anni? Per prima cosa le macchine sono diventate capaci di percepire: possono leggere, ascoltare, vedere. Secondo, con l’arrivo degli smartphone e la diffusione della connessione internet a grandi parti della popolazione si è potuto raccogliere enormi quantità di dati. I Big data sono il combustibile dell’Intelligenza Artificiale. Questa tecnologia a quali rischi ci espone? Quali le sfide per il futuro?

http://www.leussein.eurom.it/intelligenza-artificiale-big-data-machine-learning-quali-le-sfide-quali-i-rischi/?fbclid=IwAR1Iok-T4k4K2XS0TdylBCRqGsjRKa0vPD6bhgJx1I6JnKImVQ-UpqSae-o


Pensiamo al rogo dei libri di Giordano Bruno nel 1600.

Ma anche il rogo dei libri della biblioteca di Alessandria voluto da Diocleziano nel 292. 

O il rogo dei testi Maya voluto dall’Inquisizione in Messico nel 1562.

O il rogo dei libri del 1933 nella Germania nazista.

O, in tempi più recenti, il rogo dei libri in Cile nel 1973 e in Argentina nel 1976, quando furono bruciati i libri di Neruda, García Marquez e di chiunque si fosse mostrato critico nei confronti della dittatura dei militari.

O il rogo delle biblioteche di Mosul da parte dell’ISIS nel 2015

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sabato 12 giugno 2021

Coltivare l'ironia Paragrafo XXII Freud e Lacan




Sigmund Freud, Il rutto di spirito e le sue relazioni con l’inconscio, a cura di Sosia Gavetta, BURP 2021 - Dopo l’ennesima scaramuccia con la moglie perché lasciava sempre i calzini spaiati sotto il letto, Freud esce per bersi qualche birretta nel suo caffé preferito. Nel giro di poche mezzore le birre diventano molte e Freud, assorto in profondi pensieri e convinto si trattasse di un innocuo singhiozzo, esterna suo malgrado un rutto imponente e leonino, dai cui riverberi emergono chiaramente le seguenti parole: “Super-ego faccia da scemo”. 

Per un breve istante nel locale sembra calare un silenzio imbarazzante, senonché un elegante banchiere seduto al tavolo accanto, desideroso di assecondare l’eco freudiana, beve a goccia un’intera pinta da litro prima di ruttare con voce imperiosa e tonante: “Se facciamo un conducente, muore solo l’incidente”. 
A questo lapsus budellare, tutti scoppiano a ridere e adesso è una gara a chi recita ruttando il sonetto più romantico, un Goethe di qua un Hölderlin e uno Schiller di là, senza trascurare Shakespeare e Baudelaire, rigorosamente in lingua originale. 
In mezzo a cotanto buon umore, Freud intuisce che nel rutto di spirito – nel rutto cioè legato al consumo di alcolici – ciò che si espelle non è tanto il fetido e gassoso residuo del gulasch con contorno di patate imburrate del mese scorso, quanto le pulsioni sessuali represse a causa dell’uso eccessivo di aglio durante l’infanzia – “che il mio babbo lo metteva pure nel latte a colazione”.
Freud è già pronto a esporre ai suoi compagni di bevuta la rivoluzionaria teoria, ma proprio allora nel locale entra un giovanissimo Lacan, che con invidiabile intuito lascia tutti stupefatti presentandosi con il flato più prolisso e fragoroso mai udito in Occidente: “Finché l’esperienza analitica e la posizione freudiana non ci avranno mostrato questa etero-dimensione del significante brindare da sola in autonomia, finché non l’avremo sgurlata e degustata, crederemo che il significante sia una birra analcolica senza glutine”. 
Al che Freud, parecchio offeso, lancia con forza la sua pinta in faccia a Lacan e subito parte una rissa violenta tra i vari avventori, freudiani da una parte e lacaniani dall’altra, finché il barista, un teutonico signorino di centoventi chili per un metro e novanta, si stanca e appende al muro entrambi gli scrutatori dell’inconscio. A quel punto la situazione si calma e il barista propone: “Il prossimo giro ve lo offre la casa, ma basta con questo bordello”. 
Tornata la pace e riempiti i bicchieri, e nel rispetto delle tradizioni più antiche, tutti brindano con gioia alla vostra madre. Cioè, volevo dire, salute.

giovedì 10 giugno 2021

Coltivare l'ironia XXI Paragrafo DERRIDA




Derrida, "Politiche della mia zia", Raffaello Tortina 2020 - In polemica con la celebre definizione schmittiana del politico come distinzione tra amico e nemico, Derrida propone in quest'opera un paradigma etico-politico fondato sull'amicizia e i buoni sentimenti, per il quale trae ispirazione dalla biografia di sua zia Maude. Rimasta vedova poco dopo i quarant'anni, la zia Maude ha trascorso gran parte della sua vita ricevendo le amiche per il té, giocando interminabili partite a carte e cucinando deliziosi manicaretti per i nipoti. Non era portata per la filosofia: quando il giovane Jacques le fece leggere la sua tesi sul problema della genesi in Husserl, la zia gli confessò di non comprendere le basi della fenomenologia, e di sentirsi molto più vicina all'empirismo logico. Non era politicamente attiva, ha sempre votato per il Partito Radicale per tradizione familiare. Si è spenta serenamente all'età di novantasette anni, proprio come Carl Schmitt; e non è stata una grande intellettuale, ma almeno non è mai stata nazista

lunedì 7 giugno 2021

Coltivare l'ironia XX Paragrafo Nietzsche







Nietzsche, "Un nano, troppo un nano", Gnuton Compton 2019 - Breve scritto autobiografico che Colli e Montinari hanno ritenuto spurio, ma che a giudizio di Maurizio Ferraris fornisce la miglior chiave interpretativa per comprendere il pensiero di Nietzsche. Con la consueta verve polemica, l'autore lamenta di essersi visto respingere la domanda di arruolamento nell'esercito prussiano nel 1870, non tanto - come si è creduto finora - perché aveva rinunciato alla cittadinanza, ma perché troppo basso. Secondo la tesi proposta nella prefazione di Peter Dinklage, a questo episodio si devono la profonda ostilità nei confronti dei suoi contemporanei e l'intera riflessione sul superuomo, proiezione del desiderio di compensare la modesta statura con un salto oltre l'umano. Sarebbe bastata una manciata di centimetri in più, e il mondo non avrebbe mai conosciuto Zarathustra.

domenica 6 giugno 2021

Coltivare l'ironia XIX Paragrafo Platone



Platone, Se pubblica, a cura di Mario Fagotti, BURP 2007 - All’inizio di questo grande classico della filosofia occidentale, Socrate domanda al polemista Trasimaco se sia proprio vero che, nella “città giusta”, chiunque possa pubblicare qualsiasi cosa. Trasimaco risponde che nelle città reali, le uniche che esistono, conta soltanto la pubblicità, che “è l’utile del più forte”, e dunque, se il più forte paga, tu puoi pure pubblicare tutti i giorni una boiata pazzesca come Il Giornale: lui, per esempio, si è fatto l’abbonamento annuale. 

In tutto il resto del libro Socrate cercherà di confutare questa follia di Trasimaco, non tanto per farlo tornare in sé, ma perlomeno per farlo disabbonare. Come tutti sanno, il momento cruciale del testo è costituito dal mito della caverna: nel fondo di una grotta alcuni prigionieri sono incatenati a un muretto alle loro spalle, in modo tale che non possano voltarsi, costretti perciò a fissare la parete di fronte ai loro occhi. Dietro al muretto, nel frattempo, un gruppo di anonimi titolisti del Giornale sfruttano le luci di una grande fiamma per proiettare sulla parete della caverna – giorno dopo giorno e mese dopo mese – le notizie più inaffrontabili, rivolte soprattutto contro i più deboli, indifesi e ultimi della città.
Miracolosamente uno dei prigionieri riesce a liberarsi e scappa fuori dalla caverna, dove, alla luce del sole, si accorge che gli immigrati non ci rubano il lavoro, che i pinguini non hanno complottato al riscaldamento globale, e che gli omosessuali non bruciano le famiglie tradizionali per clonare e adottare bambini a sette braccia. Quando si accorge del vigliacco e abominevole inganno, il prigioniero torna indietro per liberare il resto dei compagni rimasti al buio, i quali però ricambieranno il favore tonfandolo di botte, al grido di: “è un profugo con il Wi-Fi, aiutiamolo a casa sua! e allora il coviddì? noncelodicono!”, e cose così. 
Ora, di questo mito sono state date essenzialmente due interpretazioni tra loro divergenti. Secondo Giovanni Rurale, Platone usa la metafora delle ombre sul muro per suggerirci che le idee “non scritte” sono la “fiamma” di tutto ciò che è pubblicabile. Viceversa, secondo Mario Fagotti, le uniche idee pubblicate sono necessariamente quelle scritte, ragion per cui Platone avrebbe sicuramente proibito la pubblicazione del Giornale, poiché “le cagate che non si possono sentire, nemmeno si potranno mettere nero su bianco”. 
L’ambiguità del titolo platonico, in effetti, legittima entrambe le possibilità. Lasciamo a voi lettori la scelta, limitandoci a domandarvi una cosa: ma voi avete qualche idea per stasera, che ne so, una birretta verso le nove al Caffè dei Sofisti, quel locale un po’ vintage in vicolo dei Caduti sul Modello? Nel caso basta un messaggino.