sabato 23 luglio 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza--Tommaso Campanella, La città delle Sòle, Filtrisnelli 2021 -



Tommaso Campanella, La città delle Sòle, Filtrisnelli 2021 - 
La città delle Sòle, come ogni utopia degna di tal soprannome, è una Repubblica dall’etimologia diffidente. Per alcuni interpreti, essa è la capitale delle “sole virtù”; per altri, la capitale in cui “la virtù è soltanto una sòla”. Campanella, frate e astrologo impareggiabile, alla città delle Sòle ci è arrivato per caso dopo aver preso la Metro C al Parco Centocelle di Roma: “Io volevo scendere alla stazione Finocchio, ma dopo sette anni di attesa e quattordici di viaggio, sono finito nel Mondo Nuovo. Non c’avevo manco il biglietto, ma nelle città delle Sòle, metropoli dei sognatori in condono, meno paghi meglio stai”.
Questo, infatti, stabiliva la legge del principe Sòlone, il cui governo teocratico era poi affidato nelle mani dei tre grandi sacerdoti Mor, Tacc, Tua – infallibili feudatari del volere divino.
Quando un sopruso veniva denunciato, la triade dei Mor, Tacc, Tua ripeteva il proprio taumaturgico nome al suddito defraudato, che con tale sentenza veniva così ricompensato del torto subito. Secondo Campanella nessun viaggiatore poteva immaginare luogo più giusto della città delle Sòle, ragion per cui egli si augurava che ogni italico sovrano prendesse Sòlone come modello e ispirazione. Cosa che fortunatamente è accaduta, come ci insegna la modernità, perché non sempre la realtà è sorda alle fantasie dei filosofi. Un capolavoro della letteratura rinascimentale


martedì 12 luglio 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza---Silvio Pellico, "Le mie pigioni", Montatori 1998





Silvio Pellico, "Le mie pigioni", Montatori 1998 - In questo testo autobiografico, uno dei massimi scrittori del Risorgimento denuncia la difficoltà di trovare casa in affitto a Milano a un prezzo decente. Arrestato e condannato per aver aderito a un sindacato degli inquilini, Pellico è posto di fronte alla drammatica alternativa tra il carcere duro in Moravia e un posto letto in camera doppia a Lambrate a 800€ al mese (più le utenze).

martedì 5 luglio 2022

Deus duepuntozero. Ripensare la fede nel post-teismo autore. Paolo Gamberini




Stiamo vivendo un’epoca non solo di cambiamenti (Papa Francesco), ma un tempo che esige una trasformazione nel modo di pensare e vivere la religione. La coscienza di fede delle nuove generazioni risulta essere sempre più secolarizzata, agnostica e indifferente: come e quale Dio annunciare? Allo stesso tempo la mistica e le recenti scoperte scientifiche (fisica quantistica e neuroscienze) ci dischiudono una visione della realtà che nel suo più profondo è quanto mai connessa e consapevole di se stessa. Siamo nell’era del post-teismo. A differenza dell’ateismo dei secoli scorsi, il post-teismo non rifiuta qualsiasi trascendenza ma solo quella di un Dio assolutamente separato dal mondo che interviene dall’esterno per salvarlo (teismo). Il cosmo non è fuori, ma è in Dio (panenteismo). Come comprendere le verità della fede cristiana a partire da questa “aggiornata” (Deus 2.0) prospettiva teologica? Lo scopo di questo libro è di intraprendere un esercizio di inter- e trans-disciplinarietà, integrando nel cammino di ricerca l’aspetto teologico, scientifico e mistico dei vari saperi, per offrire così una proposta di rilettura della fede cristiana. Prefazione Riccardo Battocchio.







Dalla Prefazione di Riccardo Battocchio:
«Il motivo per cui questo libro merita di essere letto anche da un teista (trinitario-relazionale) poco disposto ad abbandonare questo orizzonte è il fatto di trovarsi costantemente sottoposto a un pungolo intellettuale che lo costringe a mettere alla prova i propri argomenti, a coglierne i punti deboli, le possibili contraddizioni, le reali vie di uscita (non le vie di fuga). (…) Il libro è  un saggio di teologia sistematica: la proposta di un cammino serio, articolato, argomentato che è servito all’autore per pensare la propria e l’altrui esperienza di fede, e può servire a chi lo legge a instaurare un dialogo fra ciò che già pensa e ciò che un altro ha pensato sulla fede cristiana. È un saggio, un “tentativo”, frutto di un lavoro assiduo e prolungato che non vuole rimanere solitario ma si espone al dibattito pubblico. In casi come questo l’autore è anche un po’ “tentatore”: non come l’avversario, il satana, che vuole sedurre qualcuno per allontanarlo dal bene, ma come uno che “tenta”, che “prova” e “mette alla prova”, come si diceva sopra. Egli svolge così un servizio prezioso.
Fare teologia per questo mondo e per questo tempo – senza per questo essere schiacciati su questo tempo o da questo tempo – significa anche accettare di mettersi alla prova, di mettere alla prova e di essere messo alla prova. È la prova del logos, della parola che, in quanto umana, è insieme necessaria e inadeguata per rapportarsi alla realtà.»




lunedì 4 luglio 2022

Sara Cassandra "vedo che le idee possono connettersi fra loro anche se nacquero disconnesse"





Certe volte mi fermo in libreria per osservare i titoli dei libri e giocare a connetterli fra loro, col pensiero. A questa maniera, io passeggio, avanzo fra gli scaffali, e creo una mia storia mentale, mentre contemplo e associo tutti i titoli che il mio sguardo incontra in progressione. E mi sento inquieta e mi sento preda di una strana meraviglia, perché mi affaccio all’universo tascabile delle idee umane, e vedo che le idee possono connettersi fra loro anche se nacquero disconnesse. È una specie di cerimonia olistica dell’immaginario collettivo. Perciò almeno una volta al mese mi fermo ad osservare i titoli, almeno una volta al mese mi rincuora la semplice esistenza di quelle idee. Il processo di incorporazione avviene dopo, quando esco fuori dall’idillio azionato dalla compresenza di tutti i titoli insieme, e scelgo un solo titolo, per dargli il privilegio di tutto il mio stupore. Comprare un libro preannuncia così un dare e un ricevere: dal libro riceviamo stupore, e al libro diamo il privilegio di stupirci


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domenica 3 luglio 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza---Hobbes, "Il Deretano", Laverza 2019





Nella versione definitiva del suo capolavoro, Thomas Hobbes rivede la teoria del contratto sociale alla luce del concetto di deretano. In stato di natura gli uomini sono in una condizione ferina: ognuno vive sotto la minaccia costante di essere assalito alle spalle da un suo simile, e la rinuncia al proprio ius naturalis è dettata dalla necessità di salvarsi il deretano. A questo scopo nasce lo Stato, simboleggiato da un grande Deretano (formato dall'unione dei molti deretani individuali), al riparo del quale gli uomini possano vivere in pace. Nello Stato, d'altra parte, gli uomini si ritrovano alla mercé di un potere assoluto a cui devono baciare le terga, e che può far piovere sui sudditi ogni sorta di schifezze. Dal celebre "homo homini lupus" si passa dunque alla condizione sintetizzata nei non meno celebri "shit happens" e "piove, governo deretano".

venerdì 1 luglio 2022

Coltivare l'ironia per buone pratiche di resistenza----Jean Paul Sartre, L’assistenzialismo è un umanesimo, Murcia 2021 -





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 Nato da una celebre conferenza sulla piattaforma Rousseau, tenutasi dopo la novantasettesima crisi di governo provocata dal cinico ministro Frenzì, questo testo risponde a una delle domande che hanno ossessionato Sartre nel corso della sua lunga carriera: l’intellettuale si mantiene attraverso la politica o dalla politica è mantenuto? Richiamandosi a Pico della Mirandola e alla celebre tradizione umanista, Sartre ci ricorda che l’uomo «è l’unico animale che si fa pagare per ciò che può essere». Premessa da cui egli deduce coerentemente che l’intellettuale, quale emblema stesso dell’umanità, sia il più costoso degli esseri pensanti, a libro paga dello Stato. Per questo, contro tutte le visioni monastiche della filosofia, egli afferma che il vero intellettuale debba essere «assisté». Tesi epocale, che permetterà al visionario Jill de Moué di far approvare dal Parlamento la legge del reddito di cittadinanza metafisica per i disoccupati della ragione.
Un decreto fortemente criticato da Heidegger nella Lettera sull’assistenzialismo, dove leggiamo che il vero intellettuale fa il giardiniere nella Foresta Nera, porta imbarazzanti calzoni di lana vetrata e mangia esclusivamente zuppe di lardo preparate da donzelle vichinghe. Ma questa è un’altra faccenda.