venerdì 30 agosto 2019

Contro questi tempi truci, il valore dell'austerità e della sobrietà- discorsi di Enrico Berlinguer gennaio 1977

Discorso agli Intellettuali Roma gennaio 1977 
Da che cosa è nata, da che cosa nasce l’esigenza di metterci a pensare e a lavorare attorno ad un progetto di trasformazione della società che indichi obiettivi e traguardi tali da poter e dover essere perseguiti e raggiunti nei prossimi tre-quattro anni, ma che si traducano in atti, provvedimenti, misure, che ne segnino subito l’avvio? Questa esigenza nasce dalla consapevolezza che occorre dare un senso e uno scopo a quella politica di austerità che è una scelta obbligata e duratura, e che, al tempo stesso, è una condizione di salvezza per i popoli dell’occidente, io ritengo, in linea generale, ma, in modo particolare, per il popolo italiano.
L’austerità non è oggi un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Questo è il modo con cui l’austerità viene concepita e presentata dai gruppi dominanti e dalle forze politiche conservatrici. Ma non è cosi per noi. Per noi l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato. L’austerità significa rigore, efficienza, serietà, e significa giustizia; cioè il contrario di tutto ciò che abbiamo conosciuto e pagato finora, e che ci ha portato alla crisi gravissima i cui guasti si accumulano da anni e che oggi sì manifesta in Italia in tutta la sua drammatica portata.
L’austerità è per i comunisti lotta effettiva contro il dato esistente, contro l’andamento spontaneo delle cose, ed è, al tempo stesso, premessa, condizione materiale per avviare il cambiamento. Cosi concepita l’austerità diventa arma di lotta moderna e aggiornata sia contro i difensori dell’ordine economico e sociale esistente, sia contro coloro che la considerano come l’unica sistemazione possibile di una società destinata organicamente a rimanere arretrata, sottosviluppata e, per giunta, sempre più squilibrata, sempre più carica di ingiustizie, di contraddizioni, di disuguaglianze.
Lungi dall’essere, dunque, una concessione agli interessi dei gruppi dominanti o alle esigenze di sopravvivenza del capitalismo, l’austerità può essere una scelta che ha un avanzato, concreto contenuto di classe, può e deve essere uno dei modi attraverso cui il movimento operaio si fa portatore di un modo diverso del vivere sociale, attraverso cui lotta per affermare, nelle condizioni di oggi, i suoi antichi e sempre validi ideali di liberazione. E infatti, io credo che nelle condizioni di oggi è impensabile lottare realmente ed efficacemente per una società superiore senza muovere dalla necessità imprescindibile dell’austerità.
Ma l’austerità, a seconda dei contenuti che ha e delle forze che ne governano l’attuazione, può essere adoperata o come strumento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle ingiustizie sociali, oppure come occasione per uno sviluppo economico e solidale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato, per una profonda trasformazione dell’assetto della società, per la difesa ed espansione della democrazia: in una parola, come mezzo di giustizia e di liberazione dell’uomo e di tutte le sue energie oggi mortificate, disperse, sprecate.
Abbiamo richiamato in altre occasioni e anche di recente le profonde ragioni storiche, certamente non solo italiane, che rendono obbligata, e non congiunturale, una politica di austerità. Sono ragioni varie, ma occorre ricordare sempre che l’evento più importante i cui effetti non sono più reversibili, è stato e rimarrà l’ingresso sulla scena mondiale di popoli e paesi ex coloniali che si vengono liberando dalla soggezione e dal sottosviluppo a cui erano condannati dalla dominazione imperialistica. Si tratta di due terzi dell’umanità, che non tollerano più di vivere in condizioni di fame, di miseria, di emarginazione, di inferiorità rispetto ai popoli e paesi che hanno finora dominato la vita mondiale.

Viviamo, io credo, in uno di quei momenti nei quali – come afferma il Manifesto dei comunisti – per alcuni paesi, e in ogni caso per il nostro, o si avvia «una trasformazione rivoluzionaria della società» o si può andare incontro «alla rovina comune delle classi in lotta»; e cioè alla decadenza di una civiltà, alla rovina di un paese.
Ma una trasformazione rivoluzionaria può essere avviata nelle condizioni attuali solo se sa affrontare i problemi nuovi posti all’occidente dal moto di liberazione dei popoli del Terzo mondo. E ciò, secondo noi comunisti, comporta per l’occidente, e soprattutto per il nostro paese, due conseguenze fondamentali: aprirsi ad una piena comprensione delle ragioni di sviluppo e di giustizia di questi paesi e instaurare con essi una politica di cooperazione su basi di uguaglianza; abbandonare l’illusione che sia possibile perpetuare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario.
Ecco perché una politica di austerità, di rigore, di guerra allo spreco è divenuta una necessità irrecusabile da parte di tutti ed è, al tempo stesso, la leva su cui premere per far avanzare la battaglia per trasformare la società nelle sue strutture e nelle sue idee di base.
Una politica di austerità non è una politica di tendenziale livellamento verso l’indigenza, ne deve essere perseguita con lo scopo di garantire la semplice sopravvivenza di un sistema economico e sociale entrato in crisi. Una politica di austerità, invece, deve avere come scopo – ed è per questo che essa può, deve essere fatta propria dal movimento operaio – quello di instaurare giustizia, efficienza, ordine, e, aggiungo, una moralità nuova.
Concepita in questo modo, una politica di austerità, anche se comporta (e di necessità, per la sua stessa natura) certe rinunce e certi sacrifici, acquista al tempo stesso significato rinnovatore e diviene, in effetti, un atto liberatorio per grandi masse, soggette a vecchie sudditanze e a intollerabili emarginazioni, crea nuove solidarietà, e potendo cosi ricevere consensi crescenti diventa un ampio moto democratico, al servizio di un’opera di trasformazione sociale.

dalle Conclusioni all’Assemblea degli operai del PciMilano, gennaio 1977

L’austerità è un imperativo a cui oggi non si può sfuggi­re. Certe obiezioni di qualche accademico ignorano dati elementari del mondo di oggi e dell’Italia di oggi. In sintesi, questi dati sono sono: innanzitutto, il moto e l’avanzata dei popo­li e paesi del Terzo Mondo, che rifiutano e via via eliminano quelle condizioni di sudditanza e d’inferiorità cui sono stati costretti, che sono state una delle basi fondamentali della prosperità dei paesi capitalistici sviluppati; in secondo luogo l’acuita concorrenza, la lotta senza esclusione di colpi fra questi stessi paesi capitalistici, della quale fanno sempre più le spese i paesi meno forti e sviluppati, fra i quali l’Italia; infine, la manifesta e ogni giorno più evidente insostenibili­tà economica e insopportabilità sociale, in questo mutato quadro mondiale, delle distorsioni che hanno caratterizzato lo sviluppo della società italiana negli ultimi venti-venticin­que anni.
L’austerità per definizione comporta restrizioni di certe disponibilità a cui si è abituati, rinunce a certi vantaggi acquisiti: ma noi siamo convinti che non è detto affatto che la sostituzione di certe abitudini attuali con altre, più rigorose e non sperperatrici, conduca a un peggioramento della quali­tà e dell’umanità della vita. Una società più austera può es­sere una società più giusta, meno diseguale, realmente più libera, più democratica, più umana.


domenica 25 agosto 2019

Il Presidente Mattarella: Il Presidente della Repubblica ha il dovere – ineludibile - "

Risultati immagini per foto delle bandiere sul palazzo del quirinale

Comunicazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine delle consultazioni

 Palazzo del Quirinale, 22/08/2019
Con le dimissioni presentate dal Presidente Conte – che ringrazio, con i ministri, per l’opera prestata - si è aperta la crisi di governo, con una dichiarata rottura polemica del rapporto tra i due partiti che componevano la maggioranza parlamentare.
La crisi va risolta all’insegna di decisioni chiare; e in tempi brevi.
Lo richiede l‘esigenza di governo di un grande Paese come il nostro. Lo richiede il ruolo che l’Italia deve avere nell’importante momento di avvio della vita delle istituzioni dell’Unione Europea per il prossimo quinquennio. Lo richiedono le incertezze, politiche ed economiche, a livello internazionale.
Non è inutile ricordare che, a fronte di queste esigenze, sono possibili soltanto governi che ottengano la fiducia del Parlamento, in base a valutazioni e accordi politici dei gruppi parlamentari su un programma per governare il Paese.
In mancanza di queste condizioni la strada da percorrere è quella di nuove elezioni. Si tratta di una decisione da non assumere alla leggera - dopo poco più di un anno di vita della Legislatura - mentre la Costituzione prevede che gli elettori vengano chiamati al voto per eleggere il Parlamento ogni cinque anni. Il ricorso agli elettori è, tuttavia, necessario qualora il Parlamento non sia in condizione di esprimere una maggioranza di governo.
Nel corso delle consultazioni appena concluse, mi è stato comunicato da parte di alcuni partiti politici che sono state avviate iniziative per un’intesa, in Parlamento, per un nuovo governo; e mi è stata avanzata la richiesta di avere il tempo di sviluppare questo confronto.
Anche da parte di altre forze politiche è stata espressa la possibilità di ulteriori verifiche.
Il Presidente della Repubblica ha il dovere – ineludibile - di non precludere l’espressione di volontà maggioritaria del Parlamento, così come è avvenuto – del resto - anche un anno addietro, per la nascita del governo che si è appena dimesso.
Al contempo, ho il dovere – per le ragioni che ho esposto – di richiedere, nell’interesse del Paese, decisioni sollecite.
Svolgerò quindi nuove consultazioni che inizieranno nella giornata di martediì prossimo per trarre le conclusioni e per assumere le decisioni necessarie.