domenica 6 giugno 2021

Coltivare l'ironia XIX Paragrafo Platone



Platone, Se pubblica, a cura di Mario Fagotti, BURP 2007 - All’inizio di questo grande classico della filosofia occidentale, Socrate domanda al polemista Trasimaco se sia proprio vero che, nella “città giusta”, chiunque possa pubblicare qualsiasi cosa. Trasimaco risponde che nelle città reali, le uniche che esistono, conta soltanto la pubblicità, che “è l’utile del più forte”, e dunque, se il più forte paga, tu puoi pure pubblicare tutti i giorni una boiata pazzesca come Il Giornale: lui, per esempio, si è fatto l’abbonamento annuale. 

In tutto il resto del libro Socrate cercherà di confutare questa follia di Trasimaco, non tanto per farlo tornare in sé, ma perlomeno per farlo disabbonare. Come tutti sanno, il momento cruciale del testo è costituito dal mito della caverna: nel fondo di una grotta alcuni prigionieri sono incatenati a un muretto alle loro spalle, in modo tale che non possano voltarsi, costretti perciò a fissare la parete di fronte ai loro occhi. Dietro al muretto, nel frattempo, un gruppo di anonimi titolisti del Giornale sfruttano le luci di una grande fiamma per proiettare sulla parete della caverna – giorno dopo giorno e mese dopo mese – le notizie più inaffrontabili, rivolte soprattutto contro i più deboli, indifesi e ultimi della città.
Miracolosamente uno dei prigionieri riesce a liberarsi e scappa fuori dalla caverna, dove, alla luce del sole, si accorge che gli immigrati non ci rubano il lavoro, che i pinguini non hanno complottato al riscaldamento globale, e che gli omosessuali non bruciano le famiglie tradizionali per clonare e adottare bambini a sette braccia. Quando si accorge del vigliacco e abominevole inganno, il prigioniero torna indietro per liberare il resto dei compagni rimasti al buio, i quali però ricambieranno il favore tonfandolo di botte, al grido di: “è un profugo con il Wi-Fi, aiutiamolo a casa sua! e allora il coviddì? noncelodicono!”, e cose così. 
Ora, di questo mito sono state date essenzialmente due interpretazioni tra loro divergenti. Secondo Giovanni Rurale, Platone usa la metafora delle ombre sul muro per suggerirci che le idee “non scritte” sono la “fiamma” di tutto ciò che è pubblicabile. Viceversa, secondo Mario Fagotti, le uniche idee pubblicate sono necessariamente quelle scritte, ragion per cui Platone avrebbe sicuramente proibito la pubblicazione del Giornale, poiché “le cagate che non si possono sentire, nemmeno si potranno mettere nero su bianco”. 
L’ambiguità del titolo platonico, in effetti, legittima entrambe le possibilità. Lasciamo a voi lettori la scelta, limitandoci a domandarvi una cosa: ma voi avete qualche idea per stasera, che ne so, una birretta verso le nove al Caffè dei Sofisti, quel locale un po’ vintage in vicolo dei Caduti sul Modello? Nel caso basta un messaggino.

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