mercoledì 18 marzo 2020

il mio amato Padre Theilard


PIERRE TEILHARD DE CHARDIN
LA MESSA SUL MONDO
Se il tuo regno, o Signore, fosse di questo Mondo, per possederti sarebbe sufficiente affidarci alle potenze che ci fanno soffrire e morire perché ci sviluppano in modo palpabile, noi o ciò che ci è più caro di noi. Ma, poiché il Termine verso il quale si muove la Terra si trova oltre non soltanto ogni cosa individuale bensì l'insieme delle cose, - poiché l'impresa del Mondo consiste non già nel generare in sé una qualche Realtà suprema, bensì nel compiersi per unione con un Ente preesistente, ne risulta che, per accedere al Centro ardente dell'Universo, non basta che l'Uomo viva sempre di pì per se stesso, nemmeno che sacrifichi la sua vita per una causa terrestre, per quanto nobile sia. Il Mondo non può finalmente giungere a Te, o Signore, che mediante una sorta d'inversione, di capovolgimento, di ex-centrazione, in cui s'inabissa per un tempo non solo la riuscita individuale ma la stessa apparenza di un qualsiasi vantaggio umano. Affinché il mio essere sia per sempre annesso al Tuo, deve morire in me non solo la monade ma il Mondo: debbo cioè superare la fase straziante di una diminuzione che nulla di tangibile potrà mai compensare. Ecco perché, raccogliendo nel calice l'amarezza di tutte le separazioni, di tutte le limitazioni, di tutti i decadimenti sterili, Tu ce lo porgi: «Bevetelo tutti».

dal libro Inno dell’Universo
L’OFFERTORIO
Poiché, ancora una volta, Signore, non più tra le foreste dell’ Aisne, ma nelle steppe dell’Asia, non ho né pane, né vino, né altare, mi eleverò al di sopra dei simboli fino alla pura maestà del Reale, e io, tuo sacerdote, ti offrirò sull’altare di tutta la Terra il lavoro e la pena del Mondo. Il sole ha appena illuminato laggiù la frangia estrema del primo Oriente. Una volta ancora, sotto la tovaglia mobile deisuoi fuochi, la superficie vivente della Terra si sveglia, freme,e ricomincia la sua spaventosa fatica. Io metterò sulla mia patena, mio Dio, l’atteso raccolto di questo nuovo sforzo.Verserò nel mio calice il succo di ciascun frutto che oggi verrà spremuto.Il mio calice e la mia patena, queste sono le profondità di un’anima largamente aperta a tutte le forze che, in un istante,si innalzeranno da tutti i punti del Globo e convergerannoverso ciò che si muove all’interno della materia oscura –perché, irrimediabilmente, riconosco in me ben più di un bambino del Cielo, un figlio della Terra –questa mattina io volerò col pensiero sui luoghi elevati, carichi di speranza e di miserie di mia madre; e là – forte di un sacerdozio che Tu solo, io lo credo, mi hai donato – su tutto ciò che,nella Carne umana, si appresta a nascere o a morire sotto il sole che sorge, io invocherò il Fuoco
Dall'Inno alla materia

«Ti saluto, Ambiente divino, carico di potenza Creatrice, Oceano mosso dallo Spirito, Argilla impastata ed animata dal Verbo incarnato (…). Se vogliamo possederti, bisogna che ti sublimiamo nel dolore dopo averti voluttuosamente stretta fra le nostre braccia»


Quando sul mio corpo
(e più ancora nel mio spirito)
comincerà a lasciare i segni l’usura dell’età,
quando s’abbatterà su di me dal di fuori,
o nascerà in me dal di dentro,
il male che diminuisce o porta via con sé,
nel momento doloroso nel quale prenderò coscienza
– di colpo – che sono ammalato
o che divento vecchio,
soprattutto in quell’ultimo momento,
quando sentirò che sto sfuggendo a me stesso,
assolutamente passivo nelle mani delle grandi forze sconosciute
che m’hanno formato,
in tutte queste ore buie, fammi capire, o Signore,
che sei tu (a condizione che la mia fede sia abbastanza grande),
a scostare dolorosamente le fibre del mio essere,
per penetrare fino al midollo della mia sostanza
e portarmi a te"

(P. Teilhard de Chardin).

Preghiera pubblicata nel libro Preghiere dal mondo di Juliet Mabey

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti 

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