lunedì 9 agosto 2021

Coronavirus. L’infettivologo Galli: «Bastava imparare dalla peste»

Avvenire.it


«Lundici di giugno, ch’era il giorno stabilito, la processione uscì, sull’alba, dal duomo. Andava dinanzi una lunga schiera di popolo, donne la più parte, coperte il volto d’ampi zendali, molte scalze, e vestite di sacco. (…) Nel mezzo, tra il chiarore di più fitti lumi, tra un rumor più alto di canti, sotto un ricco baldacchino, s’avanzava la cassa, portata da quattro canonici… » (I Promessi Sposi, capitolo XXXII




Paragonare Covid-19 e la peste è azzardato, sul piano eminentemente scientifico. Però i ricorsi storici ci sono, e sono molti. Anche quella del 1630 vide impegnati gli Ufficiali di Sanità che dettavano le regole. Anche allora c’era un Tribunale di Sanità. Anche la Milano del 1630 aveva un 'primario' come Galli, il protomedico Ludovico Settala, non sempre ascoltato dalle autorità e poco amato dai portatori degli interessi economici


È soprattutto un grande problema di gestione ospedaliera. I fondi del Recovery plan sono una grande opportunità per adeguare strutture e protocolli ed educare il sistema a un corretto utilizzo dei farmaci antimicrobici». Come fermare i 'nuovi' virus? «Fondamentale cambiare il nostro rapporto con la natura – è la risposta –. Solo nei pipistrelli (ce ne sono più di 1.400 specie) alberga un’enorme quantità di virus sconosciuti o già tristemente famosi, come l’Ebola o i coronavirus. Di coronavirus, in particolare, esistono molte altre specie per le quali non può essere esclusa una pericolosità per l’uomo. Ma queste sono altre storie che spero di non dover raccontare mai».


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